E in un istante sei a casa
Questa cosa dell’anatomia degli istanti mi sta sfuggendo di mano.
Scendo dal tram in via Dogana. Non ha niente di particolare, questa via, è come molte altre del centro di Milano, gente che aspetta alla fermata del 24, gente che ci sale, gente che la attraversa per andare da Piazza Duomo a Piazza Diaz, il sole che quando c’è arriva di sbieco perché è stretta e i palazzi sono alti. C’è una via così praticamente dappertutto, guarda adesso non saprei dirti il nome ma credimi, l’ho vista a Francoforte e a Madrid, a Londra e a Chicago, pure a Rimini, mi pare dalle parti della stazione. Scendo dal tram e faccio due passi di numero e vedo una targa all’ingresso di un portone, un rettangolo grosso di metallo nero con una sottile cornice e le lettere dorate, i caratteri che potrebbero essere degli anni Cinquanta, una targa che sta lì, ferma, a dire che al secondo o al terzo piano c’è qualcosa, uno studio legale, un dentista, ferma in mezzo agli hipster, agli impiegati, agli studenti, ai turisti, a tutta la gente che aspetta il tram e che va da Piazza Duomo a Piazza Diaz e ritorno, e nell’istante preciso che la vedo so che va bene Francoforte e Madrid e Londra e Chicago e Rimini ma la verità è che quella targa può stare solo a Milano, e che sono a casa, e non ho bisogno di fermarmi a guardarla perché è lì da una vita e per un’altra vita ci resterà, basta un istante a capirlo, a saperlo.
Che gusto è, gli dico, e lui dice anguria, quell’altro è limone, cerco in tasca e tiro fuori un altro dollaro mezzo stropicciato, anguria grazie. Esco con il mio sacchetto e il bicchiere di plastica con la cannuccia e la granita, sto sul marciapiede aspettando il verde per attraversare uno dei due grandi boulevard che tagliano Harlem in verticale, fa caldo ma non troppo, sono l’unico bianco fino a dove arriva la vista, faccio il calcolo di quanto manca alla partenza, e nell’istante preciso in cui avverto il freddo del ghiaccio arrivare a spaccarmi il naso là sopra, proprio in mezzo agli occhi, in quell’istante lì mi dico ma bastano davvero due giorni e spiccioli per sapere e sentire di essere a casa e poi perché proprio qui, cos’ha la Bowery che non va, ma è un istante solo, di quelli lucidi e densi da sembrare colla, scuri come buchi neri, poi il semaforo cambia colore.