La moneta di Prizren
(…) Mi ero fermato in un locale per chiedere una birra, meritata dopo tre ore di guida lungo le strade e in mezzo alle montagne albanesi; avevo deciso di andare in Kosovo all’ultimo momento, per un buco del programma di lavoro che mi portava a Tirana, Durrës e Berat: per quanto ne sapevo, nella mia placida ignoranza, quella era una specie di ulteriore provincia albanese dotata di uno status giuridico non chiarissimo, né più ne meno che una dependance albanese. Invece il cameriere mi ha detto a brutto muso che non avrebbe accettato i Lek con i quali volevo pagare e che avrei fatto meglio a farmi cambiare quei pezzi di carta che lì, a una ventina di chilometri dal confine, non avevano alcun valore. Rapidamente ho capito che quella era la regola locale, che valeva senza eccezioni per i bar e i venditori di souvenir e i ristoranti e le decine di chioschi che si mantengono vendendo il servizio di fotocopiatura – apparentemente uno dei più richiesti dalla popolazione locale. Gli esercenti kosovari non volevano nemmeno usare la cortesia solita in Canton Ticino, quella di accettare il pagamento in euro a patto di poter dare il resto in franchi svizzeri. Così ho chiesto indicazioni, mi sono fatto dire dove stava il cambiavalute locale, ho costeggiato la riva destra della Bistrica, ho aperto il portafogli, ho tirato fuori il biglietto da 1000 Lek e ho aspettato l’equivalente in valuta locale. Che ho scoperto essere l’euro.
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