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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
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    22/02/2019

    Qualche cosa che ho imparato scrivendo un libr(ett)o

    Filed under: — JE6 @ 16:00

    E quindi ho scritto un libro. Un libretto, diciamo: sono ottantasette pagine, due o tre sere con un occhio al Kindle e uno alla Champions. Scrivendolo e autopubblicandolo ho imparato alcune cose, che mi appunto qui come assicurazione sulla perdita di memoria.

    Non si rilegge mai abbastanza. La consapevolezza della cosa potrebbe indurre a decidere che rileggere è inutile ma ovviamente non è così; diciamo che più si rilegge e più pezze si mettono e meno buchi rimangono.

    Il risultato finale non sarà mai quello che volevi, e quello che volevi – anche se non lo vuoi ammettere – è quello che aspettavi di trovarti fra le mani. Anche qui, tutto sta a far pace con se stessi: era il meglio che potevi fare? Ovviamente no, quanto meno potevi rileggere una volta di più; hai fatto del tuo meglio nel mettere in ordine le idee e scriverle? Se sì, allora va bene così. Per il nuovo Infinite Jest, ritenta e (forse) sarai più fortunato.

    Con un numero spettacolarmente basso di copie vendute si raggiungono posizioni spettacolarmente alte nelle classifiche categoriche di Amazon, almeno per qualche giorno. Se si è il giusto tipo umano, è una cosa della quale ci si può bullare con gli amici al bar (posto che i vostri amici abbiano consuetudine con ebook, annessi e connessi: altrimenti lasciate perdere) (anzi, lasciate perdere e basta).

    E’ una cosa divertente che forse farai ancora, ma più probabilmente no.

    Anche se sei uno di quelli che scrivono con facilità, di quelli che al liceo facevano il tema subito in bella, scrivere bene è una roba per pochi. Ma pochi davvero. E tu non sei di quelli, con ogni probabilità.

    Ci sono pochi modi così efficienti ed efficaci per mostrare al mondo che sei dotato di un ego piuttosto sviluppato come autopubblicare un libro: perché mai uno dovrebbe mettersi a nudo in pubblico se non, essenzialmente, per esibizionismo? E’ meglio ammetterlo subito, partendo mettendosi davanti allo specchio.

    Il libro vero è quello che non hai scritto.

    12/02/2019

    Chernobyl, una mattina d’estate

    Filed under: — JE6 @ 09:04

    Lo avrete sentito anche voi, che un libro ormai non si nega a nessuno. Così una sera, tornato da Chernobyl, ho passato un paio d’ore tra Wikipedia e Google, rendendomi conto di quante somiglianze ci fossero tra i fatti dell’Ucraina e quelli di un pezzetto di Brianza a venticinque chilometri dal mio divano. Allora ho pensato di scrivere qualcosa, il racconto di un viaggio e un pezzo di storia di famiglia. Questo.

    PS – Nessun albero è stato maltrattato per la realizzazione di questo libro. Così, ci tenevo a dirlo.

    05/02/2019

    L’ospite

    Filed under: — JE6 @ 14:10

    Abbiamo a casa un’ospite. E’ arrivata qualche giorno fa, ripartirà tra qualche giorno. C’è stata un po’ di preparazione, fare spazio in un armadio, spostare un letto, cose così. Niente di particolare, avessi scattato quattro foto dieci giorni fa e le scattassi oggi non si noterebbero differenze – o quasi, ok. Eppure, solo per il fatto che è arrivato qualcuno è proprio cambiato lo sguardo; la stessa cosa la vediamo in modo diverso. Anzi, in molti casi la vediamo, mentre prima non ci facevamo caso. Quel mucchietto di carte sopra il forno a microonde. Quella piccola crepa per una vecchia infiltrazione. La posizione degli accappatoi in bagno. Gli otto libri appoggiati in attesa di rimettere mano a tutta la parete. La punta di un coltello. Siamo a casa nostra e la guardiamo con gli occhi di un’altra persona, così come facciamo quando per una volta non attraversiamo la piazza guardando lo schermo del telefono come tutte le mattine ma ci fermiamo davanti al Duomo e lo guardiamo indicando alla persona che stiamo accompagnando quella guglia o quel pezzo del portone di sinistra. Dovremmo avere un’ospite almeno una volta all’anno, per vedere chi siamo.