Trattato di pace
E così, a quanto pare, siamo stati autorizzati a fare il governo, e il governo faremo. Chi vivrà vedrà, avrebbe detto mia nonna, e vivremo e vedremo se la nuova coalizione – che per il momento ha il non indifferente merito di toglierci di torno almeno la faccia di Matteo Salvini, con un sicuro effetto positivo sull’umore di molti – sarà meno abborracciata della precedente. Detto questo, apprendendo che otto su dieci tra coloro che fino all’altroieri alternavano un piddioti a un eallorabibbiano oggi sono rubricabili come compagni che sbagliavano ho pensato alle lezioni di storia del professor Barbero con le quali ho passato qualche centinaio di chilometri in queste settimane, in particolare quelle sulle due guerre mondiali; ascoltandolo mi sono fatto l’idea che chi non vuole la guerra e soprattutto chi ne ha paura confida e si autoconvince che quella non sia voluta nemmeno dagli altri, e così firma con il sorriso sulle labbra trattati di pace e accordi che sono carta straccia ancor prima che le penne si stacchino dal foglio. Io non credo che la storia vada studiata per usarla come sfera di cristallo grazie alla quale predirre il futuro: è un’idea bislacca e infondata: però per conoscere e capire il passato e grazie a quello farsi una mezza idea del presente, ecco, quello sì. Chissà se i dirigenti del PD avevano almeno un sussidiario da consultare, prima di trattare con Di Maio.