< City Lights. Kerouac Street, San Francisco.
Siediti e leggi un libro

     

Home
Dichiarazione d'intenti
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

Talk to me: e-mail

  • Blogroll

  • Download


    "Greetings from"

    NEW!
    Scarica "My Own Private Milano"


    "On The Blog"

    "5 birilli"

    "Post sotto l'albero 2003"

    "Post sotto l'albero 2004"

    "Post sotto l'albero 2005"

    "Post sotto l'albero 2006"

    "Post sotto l'albero 2007"

    "Post sotto l'albero 2008"

    "Post sotto l'albero 2009"

    "Post sotto l'albero 2010"


    scarica Acrobat Reader

    NEW: versioni ebook e mobile!
    Scarica "Post sotto l'albero 2009 versione epub"

    Scarica "Post sotto l'albero 2009 versione mobi"

    Scarica "Post sotto l'albero 2010 versione epub"

    Scarica "Post sotto l'albero 2010 versione mobi"

    Un po' di Copyright Creative Commons License
    Scritti sotto tutela dalla Creative Commons License.

  • Archives:
  • Ultimi Post

  • In and out
  • Per poter riderci sopra, per continuare a sperare
  • Sfumando
  • Srebrenica, 11 luglio
  • Gabo, e mio papà
  • “Vero?”
  • Madeleine
  • Scommesse, vent’anni dopo
  • “State andando in un bel posto, credimi”
  • Like father like son
  • March 2021
    M T W T F S S
    1234567
    891011121314
    15161718192021
    22232425262728
    293031  

     

    Powered by

  • Meta:
  • concept by
    luca-vs-webdesign

     

    19/03/2021

    Guardando gli spettatori

    Filed under: — JE6 @ 13:29

    Molti anni fa, ancora in pieno Novecento, il professore del corso di sociologia che frequentavo in Bocconi decise di far vedere a quel paio di centinaia di matricole che seguivano il suo corso “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, per far scrivere loro una tesina. Non ricordo se per convinzione o disperazione ma so che decisi di scrivere non del film bensì degli spettatori, di noi ventenni osservati mentre passavamo due ore della nostra vita a guardare quella dei contadini bergamaschi di qualche generazione prima. Il professore (Nando Dalla Chiesa, per quel che vale) si fermò solo su quello, del film non mi chiese praticamente nulla ma volle sapere il perché di quella scelta che, apparentemente, ero stato l’unico del corso a fare. Gli farfugliai qualcosa che suonava circa come “sarà che il film l’avevo già visto, ma mi è sembrato che fossero più interessanti le nostre reazioni delle cose che voleva dire Olmi“.*

    Un paio di giorni fa è uscita la seconda parte del testo che Alessandro Baricco sta pubblicando sul Post e si è verificata (ancora una volta: ma questa è un’altra storia) la stessa situazione. Non che l’articolo non valga la pena e non abbia contenuti: ma è stato decisamente molto più interessante osservare le reazioni. Una parte di esse, diciamo, perché Baricco è molto amato o molto odiato/disprezzato/sbeffeggiato, entrambe cose che suppongo a lui facciano molto piacere. Depurate queste reazioni dalla consueta quota di quelli che Baricco è solo maniche rimboccate e distintivo, rappresentazione perfetta del vuoto intellettuale accompagnato dall’egocentrismo immotivato ed esasperato, quelle per me più interessanti sono state quelle degli insegnanti. Perché l’articolo parla di scuola, della scuola che Baricco chiama novecentesca, guidata e bloccata nel suo modo di stare al mondo dall’intelligenza – appunto – novecentesca (che in sostanza significa basata sulla fiducia profonda nei desueti concetti di profondità, stabilità e competenza specialistica).

    Sono opinioni che, immagino, Baricco si è costruito nel tempo sulla base delle proprie esperienze personali, che includono la sua famiglia, la scuola (vedi i casi della vita) che ha fondato, il suo microcosmo più o meno largo e allargato. Diverse di quelle opinioni le trovo appesantite dalla pigrizia, cioè da quello che io percepisco come uno scarso o comunque insufficiente approfondimento capace di farle suonare più universali e meno centrate su se stesso: ma per quanto mi sia impegnato ieri, non sono riuscito a trovare una sola risposta (che è già una definizione piuttosto generosa) fra le molte scritte da insegnanti di vario ordine e grado che non soffrisse dello stesso difetto. Non una alla quale non si potesse obiettare, anche solo per il puro amore della polemica verbale, con le esperienze di vita vissuta di questo e quel genitore, di questo e quel ragazzo, di questa e quella classe o istituto*: ad libitum sfumando, e perpetuando così i difetti originari senza darci non dico soluzione ma almeno una pezza. Non una alla quale non si potesse rispondere con la considerazione fatta da Alessandro Calzolaro, che ho trovato in una discussione online e qui riporto: “la mia impressione dall’esterno (ma molto dall’esterno), è che sia stato tutto affidato all’iniziativa dei singoli, dei gruppetti, dei volenterosi. la Scuola in quanto istituzione mi sembra sia riuscita a partorire solo i banchi a rotelle come risposta alla pandemia. quindi doppio plauso a chi ci lavora, agli insegnanti, agli addetti, che si sono sbattuti alla grande, ma l’istituzione in sé mi sembra uscirne veramente male. non mi pare sia stata individuata una piattaforma DaD per tutte le scuole, né tantomeno che sia stata fornita (sono ignorante, correggimi se dico fregnacce), l’organizzazione dall’alto è stata agghiacciante, contraddizioni, ordini e contrordini. insomma è un po’ come quando ci si chiede se la chiesa siano i preti e i fedeli o se la Chiesa sia il Vaticano“. Parole santissime, per quanto mi riguarda, ma che ieri (e oggi, e probabilmente domani) erano molto difficili da dire perché tanti anni di frequentazione degli ambienti sociali mi hanno insegnato che per non perdere tempo e pezzi di fegato bisogna il più possibile evitare di discutere di calcio, politica, religione e corporazioni (cosa che so bene, facendo parte di una come almeno la metà degli umani senzienti e non). Ognuno è rimasto della sua: Baricco perché, dicono, rinchiuso nella sua torre d’avorio; tanti altri perché Baricco è troppo stupido per vivere (è una citazione, eh). In mezzo, o meglio a lato, qualcuno che è rimasto a guardare gli spettatori.

    * Fu uno dei pochi trenta che mi portai a casa durante quei cinque anni.
    ** E fra questi anche, se non soprattutto, molti appartenenti alla categoria dei “licei-bene dei ricchi delle grandi città”, come quello – apprendo da qualche altro sussiegoso commentatore – frequentato dal figlio di Baricco: come se questi non facessero parte integrante della scuola italiana, anche se il nuovo corso è quello dell’istituto tecnico Über alles.

    2 Responses to “Guardando gli spettatori”

    1. Davide Lo Scorfano Says:

      Ecco sì, ho fatto lo spettatore anche io. Un po’ per pigrizia, un po’ per stanchezza, un po’ perché colpito dal furore di molte reazioni.
      Ma Calzolaro ha ragione: la struttura è rigida, la sua rigidità è insopportabile a tratti ma anche confortevole per molti di noi, in molti momenti ne approfittiamo (tutti), non è facile distinguere tra i nostri piccoli pregiudizi e le ampie necessità collettive, a volte non ne abbiamo semplicemente le energie, perché le energie ci vengono risucchiate da centinaia di altre incombenze quotidiane (sempre scolastiche, s’intende). Baricco mi è sembrato generico e un po’ fuori tempo in alcune osservazioni (molte cose non funzionano più come dice lui da tanto tempo; anche lui parla della scuola come la vedeva uno studente di quarant’anni fa o come la vede un genitore del centro città di adesso: due sguardi parziali, come il mio peraltro). Ma su alcune delle questioni che pone sarà bene riflettere, con calma e senza pregiudizi. Sarà molto difficile, se vuoi il mio parere.

    2. JE6 Says:

      “o come la vede un genitore del centro città di adesso”. A me questa osservazione pare decisiva: perché possiamo pure pensare che Baricco sia un tronfio supponenente pseudointellettuale rimasto fermo agli anni Sessanta, ma quella sensazione e pure quelle opinioni infondate sono elemento comune a tanta gente in perfetta buona fede, e mi metto tra questi avendo una figlia uscita da un ottimo liceo di centro città non più tardi dell’anno scorso. E allora forse c’è un doppio problema: di gente che ha gli strumenti di interpretazione della realtà e nonostante questi rimane bloccata, schiava dei propri cliché (parlo sempre di Baricco: e del sottoscritto), e di gente che non sa spiegare l’evoluzione del proprio mondo e del proprio lavoro, dove quel “proprio” non significa del singolo individuo ma dell’intero sistema di cui fa parte. Con calma e senza pregiudizi, concordo. Ma, come diceva quello: “vaste programme”.
      (Aggiungo: temo che buona parte di quell’incapacità di spiegare sia invece classificabile come impossibilità: perché il sistema non è quello dei pur numerosi illuminati e flessibili e in una sola parola bravi insegnanti)

    Leave a Reply