Come un cattivo destino
Bernard Henry-Levy ha scritto un ritratto di Volodimir Zelenskyy, il presidente ucraino con un passato di attore comico. Non ho abbastanza strumenti per giudicare né l’articolo di BHL né la persona di Zelenskyy; so da che parte stare e so che niente e nessuno può essere descritto in bianco e nero: una delle cose più difficili da fare in questi brutti giorni, stando a questa distanza dalla tragedia – piccola ed enorme al tempo stesso – è trovare questo equilibrio. O almeno così mi pare.
E però, al netto di una certa retorica nella quale l’ego di BHL si ritaglia uno spazio di non poco conto, in quell’articolo c’è una frase per me molto bella per la sua capacità di descrivere un tipo umano che ammiro (dire che lo invidio sarebbe troppo: chi invidia qualcuno che si trova in guerra?). Di Zelenskyy, BHL dice:
Lo vidi entrare nella compagnia esemplare di quelle donne e quegli uomini, dalla Spagna repubblicana a Sarajevo e al Kurdistan, che ho venerato per tutta la mia vita, perché non sono tagliati per quel ruolo, che gli cade addosso come un cattivo destino, ma riescono ad assumerlo con bravura e imparano a fare la guerra senza amarla.
Non è solo questione di saper fare buon viso a cattivo gioco: è farlo con dignità e responsabilità, è quello che fa tutta la differenza del mondo. E se Zelenskyy è solo la metà di quel che il pezzo rischiosamente agiografico di BHL descrive, beh, è una persona che mi piacerebbe conoscere.