Scommesse, vent’anni dopo
Qualche giorno fa è morto Giuseppe Granieri. Chi ha tenuto un blog e/o si è interessato di questioni digitali nei primi anni Duemila non può non conoscere questo nome e ricordarlo: vuoi con affetto, vuoi con riconoscenza, vuoi con ammirazione, che sono in generale i sentimenti espressi pubblicamente da chi ha avuto con GG un rapporto più stretto.
Da quei ricordi, come talvolta capita per una concatenazione di motivi ed eventi non sempre prevedibile, è venuta fuori una riflessione a più voci che ha preso la piega del “come eravamo e come siamo diventati”. Qui, sul blog di Sergio Maistrello, se ne trova un ottimo esempio, diventato rapidamente il centro di una conversazione di quelle che si facevano vent’anni fa, utilizzando strumenti (i blog! i commenti dei blog!) dati per morti e che invece erano, chissà, solo dormienti.
Di mio posso solo rimettere qui una cosa che in pubblico o privato ho scritto e detto tante volte durante quegli anni: al netto di coloro che sulla scorta del primo successo di quegli strumenti nuovi e strani si fecero venire idee di business personale (molte delle quali, mi pare, fallite in modo piuttosto rapido e indolore), quella che ai tempi veniva chiamata blogosfera si divideva in due grandi gruppi umani. C’era chi riponeva una sorta di fiducia nell’umanità (prima ancora che negli strumenti che si andavano costruendo e dei quali si affinava l’uso) e su questa fiducia sentiva di poter fare una scommessa: quella di magnifiche sorti e progressive raggiungibili con strumenti che potevano forgiare una nuova umanità. Molti di questi, in modo forse ingenuo ma indubitabilmente onesto, giocarono molto di sé, della propria visione del futuro possibile in quella scommessa, e oggi penso che si possa serenamente – per quanto non felicemente – dire che quella giocata l’hanno persa. Altri, dei quali so di far parte ma non ho alcun motivo di vantarmene, quella fiducia la ritenevano già allora e ben prima dell’affermazione dell’Internet nella quale oggi bene o male ci tocca stare, avventata e largamente mal riposta. Tutti, i primi e gli altri (che messi insieme erano – vale sempre la pena ricordarlo – davvero una manciata di persone; le folle sarebbero arrivate dopo, con i percorsi che un libro ancora oggi fondamentale come “I barbari” di Alessandro Baricco descrive nitidamente), da quegli anni si sono portati dietro e dentro esperienze umane di grande spessore, amicizie durature, opinioni e visioni del mondo; nessuno, in particolare coloro che veramente a questo miravano, è riuscito a spostare il mondo nella direzione che si augurava mentre scriveva i suoi post e compulsava i feed RSS: quello lo ha fatto Zuckerberg, con il successo che sappiamo e gli effetti collaterali che conosciamo fin troppo bene. Guardando oggi a quel periodo, posso solo dire che c’è chi ha perso perché ha puntato le sue fiches impegnandosi in prima persona, e chi non ha perso perché non ha creduto che valesse la pena farlo: che, forse, è un’altra sconfitta.
March 15th, 2024 at 12:26
per me il blog ha sempre avuto una dimensione strettamente personale (poi sì, ho conosciuto gente, fatto amicizie durature, e quant’altro, ma sempre e comunque distinte dalla rete).
credo di essere uno dei pochissimi,che non ha mai colto la dimensione social tanto da non aver fatto nessuna scommessa.
GG, ovviamente aveva ragione