Lungo il fronte
[Un libro non si nega a nessuno] E insomma, ci siamo.
Ho cominciato ad andare da quelle – queste? – parti, intendo la ex Jugoslavia, poco meno di vent’anni fa.
Prima non ci ero mai stato, non ci ero andato in vacanza quando avevo vent’anni. Poi c’è stata una prima volta, per caso, per motivi di lavoro, e poi una seconda, ancora per caso, ancora per motivi di lavoro: in quel periodo ci ho passato un bel po’ di tempo, andavo almeno due volte al mese a Ljubljana, e poi Zagabria e Belgrado e diversi altri posti. Mi sono incuriosito, ho parlato con persone, ho visitato dei luoghi. Mi è venuta voglia di saperne di più, alla fine è diventata una specie di ossessione (se non ci credete potete chiedere a mia moglie che quando siamo andati in vacanza in Croazia e Bosnia si è dovuta sorbire ore di racconti, “qui è successo questo, dietro quella montagna è successo quell’altro”: però, siccome ho un cuore e le voglio bene un primo giro dei luoghi dei massacri me lo ero già fatto, da solo). Sempre per caso il lavoro mi ha portato ancora da quelle parti una terza volta, a girare per Albania, Kosovo e Macedonia. Quando potevo mi ritagliavo del tempo e andavo a vedere con i miei occhi: non so, la collinetta di Kosovo Polje dove Slobodan Milosevic nel 1989 fa partire l’incendio con un discorso che chiama a raccolta i serbi, Mitrovica dove si vive ancora come a Berlino ai tempi della guerra fredda, solo che al posto del muro c’è un ponte che è presidiato anche dai nostri carabinieri, cose così (ah, una cosa che si impara, almeno io credo di averla imparata, è che il caso, se si ripete, non è più tale anche se lo sembra; ma questo è un altro discorso).
Dopo tanti anni mi sono messo a scrivere qualche pezzo, che è stato pubblicato da una rivista online che si occupa di Balcani e Est Europa: si chiama Meridiano 13, se non la conoscete dovreste dedicarle un po’ di tempo; dite pure che vi mando io, e che gli sono molto grato. Dopo un po’ mi è sembrato che ci fosse qualcosa che li teneva insieme, quei pezzi: non ne sono sicuro al 100% ma credo che fosse la sensazione, vorrei dire la certezza che le guerre raramente finiscono quando si smette di combattere, perché vanno avanti in una forma diversa che qualcuno si azzarda a chiamare pace e così diventano una parte integrante della vita delle persone comuni, quelle che al mattino si alzano, fanno colazione, vanno a lavorare o a cercarsi un lavoro, tengono insieme la famiglia. E al tempo stesso un’altra certezza, e cioè che la guerra è un fantasma che alimenta sia le mie ossessioni di adulto che ha girato il mondo che quelle di tanta stampa, di tanta politica e forse anche di certa cooperazione che per cecità o interesse sembrano rimaste agli anni Novanta.
Nel frattempo era iniziata la guerra in Ucraina. Un’altra guerra che ci toccava da vicino anche se combattuta a duemila chilometri dalle nostre case; chi passa da queste parti sa che mi ci sono dedicato e continuo a farlo – le missioni umanitarie, l’informazione, il sentire gli amici una volta alla settimana per sapere come vanno le cose, come stanno i ragazzi, se è arrivato l’inverno e c’è abbastanza riscaldamento. A quel punto mi è sembrato che le vicende della Bosnia, della Croazia, del Kosovo non fossero più un reperto storico ma qualcosa di vivo da rimettersi sotto gli occhi per capire cosa stava succedendo e soprattutto cosa potrebbe succedere quando anche lì si smetterà di usare le armi, cosa significherà nella vita delle persone comuni, gli ucraini di Leopoli e Kharkiv e Chernivtsi, una pace giusta e quindi vera oppure una pace che sarà solo una tregua. Ho scritto qualche altro pezzo, ho messo tutto insieme e niente, qualcuno ha creduto che potesse venirne fuori un libro con una sua dignità. Questo qualcuno si chiama Infinito Edizioni e naturalmente sono loro più che grato, anche se ogni tanto ci penso e mi viene in mente quella frase fulminante che Tucidide mette in bocca agli ambasciatori ateniesi che si rivolgono ai loro omologi di Melo: “mentre ci rallegriamo per la vostra ingenuità, non vi invidiamo la follia”.
Insomma, oggi esce “Lungo il fronte – viaggio accidentato nella Jugoslavia scomparsa”. Una cosa curiosa che sta dietro la sua stesura è che è avvenuta spesso in luoghi bizzarri: un ponte dal quale si dice che sgorgano lacrime, una Schnellbahn svizzera, l’ingresso di un circolo di conversazione nella Sicilia barocca, il bordo di una fossa comune. Della sua qualità non posso giudicare, ovviamente: credo che possa interessare non solo chi ama il genere del reportage ma anche e forse soprattutto chi si fa domande sui tempi di guerra che viviamo. Non che ci siano le risposte, ma magari qualche bagliore che a libro chiuso faccia dire “ah ecco, vedi” forse c’è.
Ovviamente tengo molto a questo libro, come si fa con tutto ciò nel quale ci si mette del proprio. E quindi gli auguro un paio di cose: di essere venduto (lo trovate qui https://www.infinitoedizioni.it/prodotto/lungo-il-fronte/, qui https://amzn.eu/d/aIL0TlY, nei vari altri store online e spero nella vostra libreria del cuore se ne avete una); e, così come a chi lo leggerà, di fare e far fare degli incontri belli, o memorabili, come quelli che lo riempiono: e se qualcuno, dopo averlo letto, un incontro vero e proprio lo volesse organizzare beh, parliamone.