“Perché è simpatico”
[L’avesse detta la sedicenne figlia dei miei vicini di casa, va bene. E invece. Sarà che Debora Serracchiani si è affezionata alla sua immagine di “gggiovane del piddì”, e allora esordisce con questa che – spero – doveva essere una battuta come quella che aprì il suo intervento al Lingotto, quella di “alzi la mano chi fra di voi non mi ha telefonato o scritto in questi giorni”, e allora verrebbe da suggerirle di lasciar perdere, che fare la simpatica non è il suo mestiere – per quello abbiamo già il PresDelCons, o – in alternativa – Franceschini]
A parte l’incipit più scemo che si potesse immaginare, l’intervista di Debora Serracchiani a Repubblica nella quale annuncia il suo appoggio a Dario Franceschini è l’ultima (e non certo la prima) dimostrazione di quanto questa donna sia “politica” nel senso che tutti ormai attribuiamo al termine, un aggettivo sostantivato che non indica una qualità, bensì un modo di essere. Modo di essere che a me pare ben poco diverso da quello che caratterizza sia coloro che lei osteggia (Bersani, colui che “rappresenta l’apparato”) sia coloro che lei sostiene (Franceschini, il quale – a rigor di logica – con il cosiddetto apparato non dovrebbe avere nulla a che fare. Basta crederci, eh). Il tutto mi pare molto ben riassunto da questo scambio: Curzio Maltese le chiede di elencare i principali elementi dei massimi sistemi dei quali Debbie nostra avrebbe discusso con Franceschini nel loro incontro, e lei elenca tranquilla: “La laicità, la questione morale, il conflitto d’interessi, la riforma del welfare. Non generiche aspirazioni, ma proposte concrete da portare al congresso e sulle quali confrontarsi”. Oh, tesoro. Parole nuove, aria fresca. Va bene, va bene così.
Repubblica.it