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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    30/01/2012

    Greetings from Rimini – In condizioni normali (Marco 38)

    Filed under: — JE6 @ 22:21

    In condizioni normali non sarei qui, a battere i denti nell’aria ghiacciata dell’ultimo giorno di gennaio sul lungomare di Rimini in cerca di un posto dove mangiare, in condizioni normali sarei in autostrada, a quest’ora forse a Imola con Living Loving Maid a volume altissimo, non so, di sicuro non sarei qui a incrociare ragazze che parlano russo mentre chiudono le serrande di negozi di souvenir, non sarei qui a guardare gli ingressi dei lidi, tutti identici come se avessero portato la città in copisteria e infatti sono smarrito, ma io questo posto l’ho già visto, questa piazza, questo ristorante con l’insegna blu elettrico, e Marco 38 e Splendor e Fulgor sempre uguali sempre quelli all’Equatore e al Polo Nord, dev’essere che io con la Romagna non riesco ad andare d’accordo fino in fondo, ci trovo sempre dentro qualcosa di tenebroso, di cattivo, mi aspetto sempre qualcosa di brutto che esce dal profondo del nero del mare, c’è proprio qualcosa di sbagliato, anche la canzone che pure mi piaceva tanto quando De Andrè stirava le tre i e pareva tutto perfetto però anche no, magari era il suo accento, magari era il suo essere diventato sardo e insomma riiiii miiiii niiiii sembrava stonata dentro, poi mi basta passare di niente il confine della regione e tutto cambia, prendi quella sera a Pesaro, lì la piazza era diversa, aveva la fontana e la grande sfera di metallo in mezzo e la giostrina dei bambini con gli specchi che riflettevano il mare colore del nulla, e comunque non riesco a farmene una ragione perché sono sicuro di non esserci mai stato a Rimini prima di questa sera e allora perché conosco già tutto poi ricordo, due mesi fa mezz’ora a Riccione e qualche anno fa due giorni a Cattolica, vedi che tutto si spiega, allora adesso fammi rientrare in quella camera che è più viva di questo gelido deserto dei tartari, niente di personale eh, è che quando mi fermo da queste parti vai a capire perché mi viene nostalgia di casa, di pianura padana, dev’essere per quello che in condizioni normali a fermarmi non ci penso proprio, in condizioni normali non sarei qui l’ho già detto, sì?

    26/01/2012

    Greetings from Ljubljana 2012 – Ssshhh

    Filed under: — JE6 @ 22:21

    Il primo ricordo che ho di Ljubljana è quello dei suoni che arrivavano nella mia camera d’albergo dall’accademia musicale di Stari trg. E ogni volta che vengo da queste parti, se posso, passo vicino a quel palazzo per risentirli. Oggi invece, che sono sotto le coperte sconciato da un febbrone coe non avevo da tempo tengo gli occhi chiusi e ascolto il silenzio assoluto di questo scorcio del centro storico – non un clacson, un  motore che si accende nel parcheggio dove abbiamo lasciato la macchina, un ospite di una camera vicina, nulla: che è una cosa che mi sembra impossibile, siamo nella capitale, una città di trecentomila abitanti, con tanti ragazzi e uffici e autobus, eppure niente, per dieci, venti, venticinque minuti non sento niente fino a quando non mi assopisco con la faccia che scotta e il Kindle e il termometro appoggiati vicino alla mano, che pare che Ljubljana alle sette di sera si stia facendo indietro e mi dica riposati che domani sarà un’altra giornata lunga e fredda, e sai che ha ragione lei.

    24/01/2012

    Pensiero orrendo

    Filed under: — JE6 @ 09:41

    Al di là di qualche accesso di noia, c’è una cosa che non perdonerò mai a Ivano Fossati: avermi fatto rimpiangere, ieri sera, Patty Pravo.

    23/01/2012

    Mile and a half, from here to the shore

    Filed under: — JE6 @ 14:00

    Faceva un freddo cane sul traghetto da San Francisco ad Alcatraz, o forse ero semplicemente vestito troppo leggero per l’ottobre della Bay Area. Non ho bisogno di riguardarmi le foto di quel giorno per ricordarmi tutto molto bene – le celle, le chiavi, le vecchie uniformi, le foto in bianco e nero dei most wanted, l’isolamento. La cosa che mi rimase più impressa fu realizzare che nel 1940, e nel 1950, e pure nel 1963 quando The Rock venne chiusa il mondo era molto, molto più silenzioso di oggi, e bastava che il vento tirasse dalla parte giusta perché i suoni che partivano da North Beach, da Fort Mason, da Telegraph Hill, da Market Street, da Fisherman’s Wharf attraversassero il miglio e mezzo di mare che divide la città dall’isola per arrivare dritti come proiettili nelle orecchie dei detenuti, e quella era la parte peggiore della prigionia, strizzare gli occhi per vedere la cable car partire da Ghirardelli Square e sentirla arrancare su fino a Chestnut e Lombard e Greenwich in mezzo alle grida dei venditori di clam chowder. Così, ecco, se vi capita di mettere gli occhi su questa serie iniziata da poco, guardatevela –  non per la serie in sé (che è un’idea abbastanza stiracchiata buona per un po’ di sano bang bang: ma d’altra parte mica guardavamo Sulle strade di San Francisco per la storia, quel che ci interessava era ammirare la città e il naso di Karl Malden), ma per mettervi nei panni di quelli che stavano dietro le sbarre, e guardavano una delle città più belle del mondo, e la sentivano, e non potevano toccarla.

    19/01/2012

    Ti presento i miei

    Filed under: — JE6 @ 14:00

    Che poi lo sai no? Che le aziende sono come le persone – e d’altra parte sono fatte da, quindi tout se tient. Si prendono, si lasciano, si annusano, si danno gli appuntamenti, vanno in vacanza con gli amici ma poi rialzano il telefono, ci vediamo per un aperitivo, va bene dai, poi alla fine qualche volta si mettono insieme. Allora per un po’ tengono le cose segrete, forse perché non sono ancora mica tanto sicuri di quel che stanno facendo, e quando escono a mangiare si raccontano tutte le loro cose “di prima” tra un morso di kebab e l’altro, spiegami bene il tuo lavoro e viene fuori che spiegare un lavoro è come tradurre un menù, è impossibile, ci si prova ma non ci si riesce mai per davvero, lo vedono dalla faccia dell’altro e si rendi conto che negli ultimi venti minuti hanno usato otto acronimi che l’altro ha fatto finta di capire cercando di costruirsi mentalmente un contesto che ha la stessa credibilità di Spazio 1999, allora chiedono scusa e dicono ti sto annoiando, no ma figurati, mi interessa davvero, solo che non capisco bene e in quel momento, un momento di silenzio nel quale entrambi passano l’indice sul bordo del bicchiere studiando con attenzione quel paio di sorsi di birra che sono rimasti sul fondo, in quel momento tutti e due prendono in mano il telefono e scorrono la rubrica, controllando di avere ancora in memoria il numero di quell’avvocato, quello tanto bravo, che in fondo non si sa mai.

    (No, il titolo non è una citazione della campagna di tesseramento del PD, cioè potrebbe anche esserlo diventando così una metacitazione – insomma fate un po’ voi)

    17/01/2012

    “Il problema è un altro”

    Filed under: — JE6 @ 14:54

    Avete presente quando, dopo aver passato settimane a dire “lo spread che sale, lo spread che sale” ci siamo tutti battuti la mano sulla fronte e abbiamo realizzato che “i tassi che salgono, i tassi che salgono”? Ecco, tempo un paio di giorni e qui a Milano ci renderemo conto che cento macchine in meno nel centro di Milano non significano necessariamente cento macchine in meno a Milano, e che le polveri sottili – screanzate – non si fermano ai varchi, e se da Viale Gian Galeazzo vogliono andare in Molino delle Armi o viceversa, beh: lo fanno. E non pagano nemmeno i cinque Euro dell’Area C.

    16/01/2012

    As seen on TV

    Filed under: — JE6 @ 09:14

    In questi mesi, mentre io guardavo il football americano, dev’essere successo qualcosa – qualcosa che permettesse ai carabinieri di far filmare in diretta le loro perquisizioni con tanto di zoom dentro i cassetti della biancheria dei presunti ‘ndranghetisti visitati nottetempo, qualcosa che permettesse a Riccardo Iacona e Presa Diretta di mandare in onda quelle riprese grazie alla presunzione di colpevolezza e senza oscurare facce e manette. Magari voi ne sapete qualcosa.

    12/01/2012

    Santi, poeti, eccetera

    Filed under: — JE6 @ 13:54

    Io, per quanto l’argomento mi annoi a morte, sono dispostissimo ad ascoltare seriamente gente che si ritiene in grado di mettere in campo una squadra di calcio facendola vincere, visto che il calcio è in fondo una questione di ventidue persone che si contendono o spartiscono un pallone nella speranza di buttarlo in fondo alla rete (altrui), cioè una questione molto più semplice di quanto non vogliano farv(c)i credere i commentatori di professione, e quindi davvero alla portata di comuni mortali che si guadagnano il pane (se e quando ci riescono) giustificando quell’impiegato che si ritrovano sulla carta d’identità alla voce professione. Non so perché, sarà che ho un brutto carattere, sono molto meno disposto a perder tempo la stessa gente che si picca di conoscere per filo e per segno dettagli e ricadute di sistemi elettorali di un bizantinismo quasi artistico, prendendosi tanto sul serio da sembrare un qualunque ospite di Ballarò.

    10/01/2012

    Greetings from Colmar – E la luna è una palla ed il cielo un biliardo

    Filed under: — JE6 @ 22:26

    Ci sono posti dove torni in un’altra stagione, e pare tutto diverso – sarà che il freddo, anche quello finto di questo inverno tropicale, pulisce e rischiara e la luna sembra una palla ed il cielo un biliardo, e ci sono tante stelle come nei flipper di quando eravamo ragazzini, saranno più di un miliardo -, fatto sta che Colmar in una sera di gennaio ha le forme nitide e pulite di questa stagione, e dopo aver passato una giornata a parlare delle cose di cui si parla tra colleghi anche se da poco acquisiti, clienti e viaggi e sistemi gestionali e vacanze e il-progetto-per-cui-abbiamo-fatto-Pollein-Monte Bianco-Chamonix-Montreux-Basilea-Colmar-tre-lingue-quattro-paesi-in-tredici-ore e domani c’è la seconda razione, dopo aver passato una giornata così tutti si godono il silenzio dei ristoranti semivuoti e della città che riposa, giusto lo scorrere dell’acqua nei canali e una mezza dozzina di macchine che ripartono da un semaforo fuori dalla zona pedonale e due ragazze mezze ubriache che ridono appoggiandosi a un muro di una delle mille case di graticcio di questo posto che potrebbe sembrare preso da una favola per bambini, o da un film di Tim Burton, perché in fondo la luna piena è quella cosa che illumina i fidanzatini di Peynet, e gli zombie di Thriller.

    07/01/2012

    Shopping e cascine

    Filed under: — JE6 @ 17:53

    In fondo, sai la sorpresa – avere le cose sotto gli occhi e non dico guardarle, ma nemmeno vederle mai proprio perché ci passi davanti tutti i giorni. Eppure a volte succede, senza un motivo, succede che stai correndo nel parco e ti fermi per qualche secondo a rifiatare e bere alla vedovella, a due passi dal cimitero di guerra inglese, guardi a destra e ti trovi nel mezzo di un corridoio che ti basta allungare la mano e tocchi le montagne della Val d’Aosta – sono lì, nitide, vicine, con la neve in cima e i riflessi e la sagoma aguzza come se fosse stata disegnata da un bambino di cinque anni -, guardi a sinistra e vedi le cascine, il bosco e i campi coltivati e se il vento tira dalla parte giusta ne senti anche gli odori e sì, sei a Milano, a casa tua, where do you come from, Milano, oh wow I’d like so much to go there, it’s such a great place for shopping isn’t it, well yes, I imagine it is, but there is something more you know.