Questo nick è proprio bello
The Enforcer. Ecco come mi dovrei chiamare, stando al DJ Name Generator, segnalato da FFWD. Stando al mio dizionario, The Enforcer è colui/colei che fa rispettare, fa osservare, impone qualcosa. A guardare il bicchiere mezzo pieno, è il ritratto di un bravo ometto law&order. Ne parlerò con mia figlia, sempre che mi voglia ascoltare.
05/05/2003
Fast thinking, slow acting?
OninO la butta lì con leggerezza: si possono far coesistere la velocità di pensiero e di reazione magnificate da J.L. Orihuela, con la voglia di silenzio e di osservazione del mondo reale con la quale Michele Marziani giustifica la (temporanea, si spera) chiusura del suo blog?
Per me, sì. Ma vorrei tornare sopra alla convinzione che il mondo reale sta “fuori”, e per viverlo bisogna avere 48 pennarelli colorati invece che un computer (acceso).
Parlare di politica, parlare di prodotti
Scena di vita vissuta. Dopo aver rischiato più volte il taglio di un orecchio, ed aver costretto il fido barbiere a qualunque tipo di acrobazia forbicistica a causa della mia inusuale agitazione, mi dirigo verso la cassa per pagare. Il signore con il quale ho intessuto una discussione a distanza (lui su una poltrona, io su quella a fianco) sulla condanna a Previti, blocca il rasoio, gira finalmente la testa e mi dice con aria grave: “Lei, che è di sinistra, si faccia l’esame di coscienza, chè se non ce ne accorgevamo noi in Friuli, loro mica ci dicevano niente delle scorie di Chernobyl. Questo è il comunismo!”.
Ecco, in Italia, di politica, si discute così. Dal barbiere, in ufficio, negli studi televisivi (barberìe dotate di telecamere), in Parlamento. Si uniscono due tecniche: la focalizzazione sui punti deboli, sulle incoerenze, sulle mancanze dell’avversario, e il salto da palo in frasca. Non si parla mai delle cose buone fatte dalla parte politica che si sostiene e dei vantaggi di cui il popolo italiano godrebbe nel seguire una certa linea politica: si preferisce darci dentro con la sistematica distruzione della posizione altrui. Non si dice perchè sia bene votare A, si dice perchè sia male votare B.
Non solo: si preferisce non “restare sulla notizia” e discutere solamente di un unico tema, ma si passa consapevolmente a tutt’altro pur di avere un qualche tipo di vantaggio dialettico, anche se il secondo (ed il terzo, ed il quarto) tema scelto non ha nulla a che fare con il primo. Previti-Chernobyl, per intenderci.
Ora, facciamo questo esercizio. Guardiamo, con la dovuta predisposizione al supplizio, una qualsiasi puntata di “Porta a porta” o di “Ballarò”. Arriviamo al primo break pubblicitario, e studiamo gli spot. I messaggi che passano sono positivi, sottolineano le superiori performance del prodotto, stimolano sensazioni di benessere e gratificazione, inducono a pensare che chi usa quel bene o quel servizio conduca una vita migliore, più serena, comoda, tranquilla e ricca di soddisfazioni. Con la sola eccezione dei carrier telefonici (e neanche tutti), nel nostro paese i comunicatori di marketing non usano la pubblicità comparativa, non la mettono in rissa, non parlano dei concorrenti.
Adesso, torniamo a Vespa e Floris. Noi siamo sempre gli stessi, ma questi signori ci parlano in tutt’altro modo. Eppure, il loro obiettivo dovrebbe essere lo stesso: convincerci della bontà del loro “prodotto”. Chi è che sta sbagliando?