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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    29/07/2003

    Filed under: — JE6 @ 15:25

    Palinsesto estivo
    Oh, viandanti chez Squonk: oggi va in onda l’ultima puntata di Forza Idillio.
    Ho parlato con uno degli sceneggiatori, mi ha detto di star tranquillo, che la soap riprende a settembre.

    Filed under: — JE6 @ 08:38

    Piccolo saggio sul Ridere
    Il buon Dio, dopo aver creato il cielo, gli animali, le piante, insomma dopo aver creato il Creato, stette un po’ lì a guardarsi attorno pensando fra sé:  “Ho fatto tutto ‘sto po’ po’ di lavoro, e nessuno mi dice Bravo! Oppure Io avrei fatto così o cosà…Il mio lavoro ora come ora risulta troppo perfetto e la Perfezione spetta solo a me, sennò s’inflaziona, non stupisce più e produce la noia. Ma contro la noia, cosa posso creare?”
    Pensa che ti ripensa, ecco l’Illuminazione Divina: “Eureka! Ho bisogno di Terra, Acqua, Miele, Fiele e Sale. Mescolando la terra con l’Acqua farò il fango; nel fango impasterò il Miele donatore di dolcezza ed il Fiele, dispensatore di malvagità. Poi modellerò un Essere a mia immagine e somiglianza ed il Sale glielo spargerò sulla testa per conferirgli l’INTELLIGENZA…”.
    Radunati tutti gli ingredienti il padreterno si mise al lavoro. Fabbricato Adamo, gli alitò in faccia per animarlo; ma il potente soffio del fiato divino fece volar via gran parte dei granelli di Sale sparsi sulla superficie di quel cranio fangoso.
    “Pazienza” sospirò il buon Dio “Quel po’ di Sale rimasto dovrebbe essere sufficiente per fornire all’uomo l’intelligenza necessaria. E se non gli bastasse, amen: ci sarò sempre io ad aiutarlo.”
    La carenza di sale nella zucca di Adamo diede immediatamente i suoi frutti; prima la cacciata dal paradiso terrestre per colpa di Eva, che divideva equamente i grani di Sale del consorte; poi la faccenda di Caino con il complesso del figlio unico e avanti così, per secoli e secoli. Ciò dimostra come la nostra stirpe, discendente da un cranio carente di sale, non possa sempre definirsi dotata di un particolare acume, ma che abbia spesso del comportamenti sciocchi (la parola “sciocco”, infatti, significa letteralmente “privo o quasi privo di sale”).
    Ma ammettere di considerarsi un po’ sciocchi, e di amare anche le cose un po’ sciocche, non è grave, anzi. Persino Seneca, nel De tranquillitate animi, scriveva che “Non vi fu alcun grande ingegno senza un poco di demenza”. Demenza intesa in senso amabile; una persona può essere un genio riconosciuto ufficialmente, una persona degnissima e affidabile e, nonostante ciò, comportarsi a volte in modo un po’ folle,  vagamente gnocco o semplicemente frivolo.  (…)
    Nessun essere umano ne è immune; nessuno, ma proprio nessuno può dire: “Io non ho mai sbagliato una volta, io non ho mai detto un’assurdità o compiuto un’azione bislacca in vita mia”
    Soltanto coloro che sono affetti dal micidiale morbo della “Padreternìte” vivono beati nell’autoconvincimento di essere sempre perfetti, sempre intelligenti, perennemente furbi, eternamente seri; e a noi miseri uomini e donne normali la cosa va benissimo, perché proprio i suddetti son quelli che ci offrono in continuazione occasioni di divertimento, grazie ai loro comportamenti e ragionamenti decisamente grulli.
    Senza condurre nulla al paradosso, basta essere muniti di una buona ed indispensabile dose di senso dell’umorismo per riuscire a rintracciare il “buffo” ed il “ridicolo” in qualsiasi situazione, anche in quella apparentemente più banale, seria o disgraziata; non per nulla Pirandello affermava che l’Umorismo nasce spesso dal suo esatto contrario. (…)
    Ridiamo per sdrammatizzare, cioé per allontanare il dramma, la tristezza, anche la semplice noia.
    Molte sono le citazioni autorevoli sull’argomento.
    Giovannino Guareschi, ne L’italiano non pensa mai solo, affermò: “ L’umorismo tende a semplificare le cose. Offre la possibilità di controllare i propri sentimenti e di spogliare di ogni sovrastruttura retorica gli avvenimenti”.
    Lorenzo Sterne ebbe come opinione fondata che il riso potesse “aggiungere un filo alla trama brevissima della vita”, e Vincenzo Gioberti scrisse “il riso fu dato all’uomo perché ne usi; e chi non ride mai non è un uomo. L’anima è una cisterna che si secca se non è irrorata dal riso e dalla giovialità”.
    Nicolas de Chamfort dichiarò che “la giornata più perduta è quella in cui non si è riso”, mentre Wilcox poetava “ridi e il mondo riderà con te; piangi e sarai solo a piangere”. Persino Leopardi scrisse che “chi ha il coraggio di ridere è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire”.
    In compenso esiste anche il vecchio proverbio “Il riso abbonda sulla bocca degli stolti”; forse questo detto fu coniato da qualche uomo molto saggio, sì, ma anche molto noioso e deprimente come Jorge, il cattivo de Il nome della rosa, che affermava “Il riso squassa il corpo, deforma i lineamenti del viso, rende l’uomo simile alla scimmia”. E non contento aggiunse, subito prima di mangiarsi il libro avvelenato di Aristotele: “Il riso è la debolezza, la corruzione, l’insipidità della nostra carne”. Però tutti noi sappiamo anche che di Jorge era meglio non fidarsi…
    Perché ridere è necessario per sopravvivere, per riuscire ad accettare un po’ di più tutte le noie, i fastidi e le grane grandi e piccole della nostra esistenza. E’ indispensabile ridere e sorridere per esorcizzare il male, la paura, la rabbia, l’ansia, la malinconia, la depressione e lo stress… 
    E così l’autoironia, il saper sorridere anche e soprattutto di noi stessi,  è un sublime sistema di difesa: tramite essa possiamo imparare a riderci addosso, a ridimensionarci, a comprenderci meglio e, forse, a volerci anche più bene.
    Oh, non penserete che sia farina del mio sacco, vero? Questa è la prefazione a “Il sale di Adamo” (Rizzoli 1993), ed è frutto della penna di Mitì Vigliero. Milady, thank you very much.