Diritti acquisiti
Giuseppina Corvino, 46 anni, lavoratrice del pubblico impiego. C’è anche lei nel corteo dei 200mila che da porta Venezia ha invaso Piazza Duomo (…) “Non partecipo sempre alle manifestazioni, ma questa volta non avrei rinunciato per nessuna ragione: sono orgogliosa del mio lavoro, ma dalla riforma delle pensioni di Berlusconi, non solo non ci guadagno, ma subisco un’ingiustizia. Ho fatto i miei conti: dovrò lavorare ancora 15 anni per prendere di meno (…) La pensione è un mio diritto e non trovo giusto che qualcuno lo modifichi senza che possa dire nulla. I contributi che ho versato non me li ha regalati nessuno”.
Cara signora Corvino, data la sua età , il suo trattamento previdenziale è stato regolato dal sistema retributivo, che le dà diritto ad una pensione il cui importo è soltanto in parte legato ai contributi che lei ha versato. Questi, certo, non le sono stati regalati da nessuno. Ma la sua pensione non sarà pagata solo da quei contributi, come lei sa – o dovrebbe sapere. Ergo, lei si dovrebbe ritenere beneficiaria di un regalo, direi.
Ecco, signora, mi piacerebbe che lei capisse questo: La storia delle pensioni vista dai ggiovani suona un po’ come una presa in giro; semplificando noi non c’eravamo quando furono decisi diritti che poi alla lunga si stanno rivelando insostenibili. Quelli che c’erano si sono presi dei diritti, non li mollano, e li scaricheranno praticamente su di noi; avremo il carico della nostra pensione e (un pochettino) di quelli che ci sono già andati.
Questo permette di mantenere ben fermo il concetto di diritto acquisito: cioè il non cambiare nulla per chi è già in pensione. Ora, evitare il conflitto generazionale è sacrosanto. Però almeno metà per uno si potrebbe fare, no? Tipo quest’idea.
Poi, quanto alla faccenda degli anni che le mancano per andare in pensione, ed all’età che lei avrà in quel momento. Mia moglie andrà in pensione a 60 anni. Sua nipote (spero che lei ne abbia almeno una), se sarà fortunata, farà altrettanto; altrimenti saranno 62, o 65. Per carità di patria, e per non rovinarmi definitivamente la digestione, preferisco non citare mia figlia, che ha dueannieottomesi. Guardi, non pretendo solidarietà tra generazioni. Ma un minimo di buon gusto, ecco, male non farebbe.
Repubblica (off-line), GnuEconomy