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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
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    13/01/2004

    Noi, ragazzi dello zoo del marketing

    Filed under: — JE6 @ 13:39

    [Questo post è una lunga difesa corporativa. Posso? Sì, dai. Grazie.]
    Qualcuno di voi sa che di lavoro faccio il marketer. Per la precisione, il direct marketer.
    Nel personalissimo tabellino di molta gente di mia conoscenza, la mia professione non gode di grande stima. Siamo quelli della persuasione occulta, siamo quelli che cercano di farti comprare cose di cui non hai bisogno, siamo quelli che amano ridurre la complessità del mondo alle categorie della Sinottica Eurisko, quelli che mettono una parola di inglese ogni due pronunciate (ed in genere sono parole come brainstorming, cross-selling, upgrade, brunch), quelli che se ne fottono della privacy.
    Quelli del marketing, in tante aziende, è un insulto sanguinoso, lo dico per esperienza. E voi lo sapete, chissà quante volte lo avete detto, scuotendo la testa.
    Ma non siamo così cattivi, sapete?
    La persuasione occulta, se mai è esistita, è cosa di cinquant’anni fa. Sì, certo, facciamo ancora largo uso delle emozioni per farvi prendere una decisione, ma non lo fate per caso anche voi, così spesso da non rendervene neanche conto? Provate a rimorchiare una ragazza dicendole sai che hai un gran paio di tette? se me le fai usare come cuffie, giuro che non te ne pentirai; quante probabilità di successo avete? Hm. Buttatela sul bello e maledetto (se potete), o sullo sfigato ma tenero (più probabile, vero?). Le probabilità sono aumentate, vero? Ecco. Avete usato le sue emozioni, bastardi.
    E poi, la complessità del mondo. Certo, amici, lo so anch’io che ognuno di noi è storia a sè. Ma dite, non usate anche voi categorie di pensiero e di classificazione? Sapete, cose del tipo le donne son tutte puttane ad eccezione della mamma e della sorella, oppure gli americani? quegli zoticoni incolti e guerrafondai?, vicentini magnagati, o, chessò, noi siamo antropologicamente diversi. Perchè, vedete: da un lato il mondo è troppo complesso, e le categorie, gli schemi ci aiutano a sopravvivere credendo di capirlo; e dall’altro, scava e scava, ti rendi conto che in fondo, sì, è vero che con certe persone hai più cose in comune che con altre, e scava e scava, la Sinottica Eurisko disegna il mondo con l’accetta, ma l’immagine che ne risulta non è molto lontana dal vero.
    E le parole che usiamo. Ossignur. No, dite, voi non avete un vostro gergo, uno slang che accomuna voi e quelli come voi, che usate in un certo ambiente? Massì che ce l’avete. Ognuno di noi ce l’ha. Ce n’è uno per la caserma ed uno per la scuola, uno per i fidanzatini di Peynet ed uno per gli sposi attempati, uno per le compagnie di Quarto Oggiaro ed uno per gli oratori, uno per i venditori ed uno per i filosofi. Ora, noi per lavoro facciamo quello che voi fate per vivere: parliamo con la gggente. E siccome abbiamo come missione quella di farci capire, se entriamo al Bar Mario useremo quelle due parole di milanese che ci ha insegnato il suocero, ordineremo rumorosamente una birra, la berremo, rutteremo e ne ordineremo un’altra, ed intorteremo il cliente facendolo parlare di gnocca e calcio. Ma, da bravi camaleonti, quando verremo invitati (senza un valido motivo, certo) ad unirci ad un consesso di scienziati, scaveremo nella memoria, recupereremo un paio di puntate di Quark, e saremo capaci di usare quelle quattro parole che abbiamo imparato (non da Piero Angela: da Paco Lanciano, che è un fisico alla Stephen Hawking, mica cotica. A proposito, abbiamo anche letto la quarta di copertina e l’introduzione del libro di Hawking, quello sui buchi neri. Poi siam tornati a Blek Macigno).
    E va bene, mi sono spiegato? Nella nostra vita facciamo marketing mille volte al giorno, per mille motivi diversi, alcuni nobili, altri meno: di questo, lamentatevi con Nostro Signore, se la cosa non v’aggrada.
    Per quanto mi riguarda, è un lavoro che mi piace da matti. Sono contento di quello che mi ritrovo scritto sul biglietto da visita. Perchè sapete cos’ha di bello il marketing? Sedetevi, forza.
    Ha di bello che, per farlo bene, devi ascoltare, e guardare. Il mio lavoro lo fate voi: vi guardo, vi ascolto, vi leggo. A volte mi piacete, a volte no. Ma in generale, credetemi, è una bella cosa. Bella davvero, è proprio una gran fortuna.
    Vi vedo che scuotete la testa. Non so che farci. O forse sì.
    Ve la ricordate Jessica Rabbit? Io non sono cattiva, mi disegnano così. Ecco.

    Noi, ragazzi dello z…

    Filed under: — JE6 @ 13:37

    Noi, ragazzi dello zoo del marketing
    [Questo post è una lunga difesa corporativa. Posso? Sì, dai. Grazie.]
    Qualcuno di voi sa che di lavoro faccio il marketer. Per la precisione, il direct marketer.
    Nel personalissimo tabellino di molta gente di mia conoscenza, la mia professione non gode di grande stima. Siamo quelli della persuasione occulta, siamo quelli che cercano di farti comprare cose di cui non hai bisogno, siamo quelli che amano ridurre la complessità del mondo alle categorie della Sinottica Eurisko, quelli che mettono una parola di inglese ogni due pronunciate (ed in genere sono parole come brainstorming, cross-selling, upgrade, brunch), quelli che se ne fottono della privacy.
    Quelli del marketing, in tante aziende, è un insulto sanguinoso, lo dico per esperienza. E voi lo sapete, chissà quante volte lo avete detto, scuotendo la testa.
    Ma non siamo così cattivi, sapete?
    La persuasione occulta, se mai è esistita, è cosa di cinquant’anni fa. Sì, certo, facciamo ancora largo uso delle emozioni per farvi prendere una decisione, ma non lo fate per caso anche voi, così spesso da non rendervene neanche conto? Provate a rimorchiare una ragazza dicendole sai che hai un gran paio di tette? se me le fai usare come cuffie, giuro che non te ne pentirai; quante probabilità di successo avete? Hm. Buttatela sul bello e maledetto (se potete), o sullo sfigato ma tenero (più probabile, vero?). Le probabilità sono aumentate, vero? Ecco. Avete usato le sue emozioni, bastardi.
    E poi, la complessità del mondo. Certo, amici, lo so anch’io che ognuno di noi è storia a sè. Ma dite, non usate anche voi categorie di pensiero e di classificazione? Sapete, cose del tipo le donne son tutte puttane ad eccezione della mamma e della sorella, oppure gli americani? quegli zoticoni incolti e guerrafondai?, vicentini magnagati, o, chessò, noi siamo antropologicamente diversi. Perchè, vedete: da un lato il mondo è troppo complesso, e le categorie, gli schemi ci aiutano a sopravvivere credendo di capirlo; e dall’altro, scava e scava, ti rendi conto che in fondo, sì, è vero che con certe persone hai più cose in comune che con altre, e scava e scava, la Sinottica Eurisko disegna il mondo con l’accetta, ma l’immagine che ne risulta non è molto lontana dal vero.
    E le parole che usiamo. Ossignur. No, dite, voi non avete un vostro gergo, uno slang che accomuna voi e quelli come voi, che usate in un certo ambiente? Massì che ce l’avete. Ognuno di noi ce l’ha. Ce n’è uno per la caserma ed uno per la scuola, uno per i fidanzatini di Peynet ed uno per gli sposi attempati, uno per le compagnie di Quarto Oggiaro ed uno per gli oratori, uno per i venditori ed uno per i filosofi. Ora, noi per lavoro facciamo quello che voi fate per vivere: parliamo con la gggente. E siccome abbiamo come missione quella di farci capire, se entriamo al Bar Mario useremo quelle due parole di milanese che ci ha insegnato il suocero, ordineremo rumorosamente una birra, la berremo, rutteremo e ne ordineremo un’altra, ed intorteremo il cliente facendolo parlare di gnocca e calcio. Ma, da bravi camaleonti, quando verremo invitati (senza un valido motivo, certo) ad unirci ad un consesso di scienziati, scaveremo nella memoria, recupereremo un paio di puntate di Quark, e saremo capaci di usare quelle quattro parole che abbiamo imparato (non da Piero Angela: da Paco Lanciano, che è un fisico alla Stephen Hawking, mica cotica. A proposito, abbiamo anche letto la quarta di copertina e l’introduzione del libro di Hawking, quello sui buchi neri. Poi siam tornati a Blek Macigno).
    E va bene, mi sono spiegato? Nella nostra vita facciamo marketing mille volte al giorno, per mille motivi diversi, alcuni nobili, altri meno: di questo, lamentatevi con Nostro Signore, se la cosa non v’aggrada.
    Per quanto mi riguarda, è un lavoro che mi piace da matti. Sono contento di quello che mi ritrovo scritto sul biglietto da visita. Perchè sapete cos’ha di bello il marketing? Sedetevi, forza.
    Ha di bello che, per farlo bene, devi ascoltare, e guardare. Il mio lavoro lo fate voi: vi guardo, vi ascolto, vi leggo. A volte mi piacete, a volte no. Ma in generale, credetemi, è una bella cosa. Bella davvero, è proprio una gran fortuna.
    Vi vedo che scuotete la testa. Non so che farci. O forse sì.
    Ve la ricordate Jessica Rabbit? Io non sono cattiva, mi disegnano così. Ecco.