Tre sponde
Se si allontanasse, quella testa di cazzo e la sua sigaretta, che mi va il fumo negli occhi. Quanto sarà distante la biglia? Un metro, ma no, quaranta centimetri, non di più. Peccato quei cinque maledetti birilli, lì in mezzo. Gli omini, li chiamano, e quando li stendi diventano i cadaveri.
Li odio e li amo, questi colpi. Tre sponde. Devi calcolare tutto, la forza, il punto di battuta sulla sponda corta, l’effetto ad aprire oppure a chiudere, la posizione del pallino, dove si fermerà la tua biglia dopo aver colpito la biglia avversaria, se mai la colpirà. Ah sì, perchè quella è l’onta massima, mancare la biglia, vorresti che il panno verde ti inghiottisse e non ti buttasse più fuori.
Forza, allora, tanto non ho altre possibilità. Mi sdraio sul tavolo, la gamba sinistra quasi completamente distesa sulla sponda del tavolo, la mano sinistra che va ad appoggiarsi sul panno, una piccola montagna formata da indice-medio-anulare-mignolo, ed il pollice opponibile dei primati a fare l’incavo nel quale scorrerà la stecca. Socchiudo gli occhi, prendo la mira, cerco di immaginare che cosa succederà nei prossimi due secondi, se farò il tiro che strappa il cenno di approvazione dei vecchi del tavolo, o se manderò in vacca la partita e la reputazione.
Mi viene in mente, scemo che sono, adesso che dovrei essere concentrato, mi viene in mente quel palazzo di Marrakech, dove mi hanno detto che è stata girata la scena dell’ottavina reale di “Io, Chiara e lo Scuro”. Cerco di pulire il cervello, di focalizzare lo sguardo solo su quel millimetro che dovrò colpire. Altri due, tre secondi, qualcuno nel frattempo si beve l’ennesimo bianchino della giornata, e tutti hanno vestiti e capelli impregnati di un fumo che non viene via neanche alla terza doccia, e qualche altro riceve una telefonata, eccheccazzo, almeno mettilo con la vibrazione, non rompere i coglioni proprio adesso.
Sento il fruscio delle carte del ramino, a dieci metri di distanza, sento il colpo di uno striscio con taglio a tenere dal tavolo a fianco, sento la mano destra un po’ troppo rigida, riguardo la biglia e la punta della stecca, tiro indietro il braccio e poi lo muovo in avanti.
Se si allontanasse, quella testa di cazzo e la sua sigaretta, che mi va il fumo negli occhi.