Contare
Sabato scorso ero al Salone del Libro, insieme ad un gruppo di blogger milanesi (e non solo). La scusa per la gita scolastica era un convegno pomeridiano, del cui titolo ricordo solo le prime due parole “Post-blog”.
Alle quattro del pomeriggio eravamo lì, certo non animati dalle migliori intenzioni, ma neppure refrattari ad ascoltare ed eventualmente discutere parole sensate su questa esperienza che ormai accomuna diverse decine di migliaia di persone in Italia.
Sarà stato il brasato dell’Osteria FIAT, sarà stato il passaggio di fronte all’opera omnia di Carver, sarà stata l’acustica infelice, sarà stato il guardare chi stava dietro il banco dei relatori e avere l’impressioni di vedersi riflessi, non so.
So che dopo pochi minuti, il profluvio di parole ha portato un gruppo di adulti normalmente posati e ragionevoli ad inscenare – a mo’ di protesta e sberleffo – il trenino dell’amore che vedete qui ritratto.
Lì per lì, intendiamoci, il sottoscritto si è divertito tanto quanto si è vergognato. Dopo di che, finita la gita, ho iniziato a chiedermi che cosa avevamo davvero fatto. Una bonaria presa in giro di quel mare scuro di retorica che si sommuove e non si ferma mai? Un’affermazione, presuntuosa o anche no, di superiorità della parola scritta rispetto al chiacchericcio così tipico dei nostri tempi? La definitiva conferma della nostra peterpanizzazione?
Non lo so. Forse tutto questo insieme, perchè i vagoni di quel trenino erano persone tra loro molto diverse, con idee, esperienze, prospettive altrettanto diverse.
Ho però avuto l’impressione netta che non saremo certo noi a cambiare le sorti del mondo, ad incidere seriamente – grazie alla forza dei numeri ed alla compattezza delle intenzioni – sulle cose che ci stanno intorno. Perchè, alla fine, non ci prendiamo e nemmeno ci vogliamo prendere sul serio – il che non significa credersi il centro del mondo.
Chissà, magari mi sbaglio, magari noi blogger di complemento stiamo invece già facendo molto più di quanto non ci sembra. Eppure, io ho provato questa sensazione di essere e voler fare il Peter Pan, e – lo dico con la massima sincerità – la cosa non mi è piaciuta molto. Questa sera Wendy lascerà la stanza di Gianni e Michele, e domani io sarò scomparso.
May 11th, 2004 at 10:13
C’è una favola che amo molto, ed è I vestiti nuovi dell’imperatore. Come ben sai, sono stata tra le più isteriche promotrici del trenino (avrei voluto anche canticchiare Brigitte Bardot Bardot), e se bambini eravamo, io non volevo essere Peter Pan, ma il bambino che “mostra” agli ascoltatori che si può, anche solo per un attimo, oscurare chi siede in cattedra e definire una realtà diversa. A volte è successo e sicuramente in buona parte dei relatori c’era questa precisa volontà (il tentativo di coinvolgerci era in buona fede, seppur relegati a uno schermo che per ragioni prossemiche i relatori non potevano che ignorare). Non è che non ci prendiamo sul serio: è che siamo legati a modelli del “prendersi sul serio” che hanno smesso di funzionare da secoli, nonostante l’arte provi da secoli a “mostrare” che serio, compito e razionale non è per forza sinonimo di intelligente.
May 11th, 2004 at 10:37
Ma la locomotiva e il primo vagone si stanno tenendo la manina? (e qui ci vuole la faccina che ride e scherza sennò magari qualcuno si offende, a proposito di prendersi sul serio -altra faccina con 7 sorrisi-)
May 11th, 2004 at 10:53
Sir, non mi dica che non ha colto il momento situazionista, metafora della blogosfera: trenino, sì, ma con vagoni singoli e separati (cara Placirda) e senza avere la minima idea di dove si andava a parare.
May 11th, 2004 at 11:21
Non metto in dubbio (e mi spiace non aver potuto cogliere al momento l’immagine del trenino da tramandare ai posteri); mi riferivo all’istantanea che mostra la locomotiveffa col vagonzu in curioso atteggiamento (faccina)
May 11th, 2004 at 12:34
Lo dico rispettosamente, e conscio dell’inclinazione alla cazzata di cui sono anch’io portatore: il tuo post era esattamente il pensiero che mi è passato in testa a vedervi l’altro giorno e in altre occasioni. Ho l’impressione che l’atteggiamento spiegato da mafe rischi di ribaltarsi. A fare troppi trenini antiretorici, si rischia la retorica del trenino. Si rischia che resti solo il trenino.
E d’accordo, può darsi che non sia un rischio. E che la gita scolastica si riveli davvero l’intento rivoluzionario dei bloggers. Ma l’espressione “gita scolastica” è proprio quella che ho in testa io quando sento leggo conversazioni nei commenti di cui non capisco i codici, gli ammiccamenti, le battute, l’uso gergale del “lei” e del “signor”, la convinzione esibita di essere sempre molto simpatici e spiritosi. O sono io che sono diventato Tiziano Scarpa? Ciao, L.
May 11th, 2004 at 12:43
A me è parsa una molto magrittiana iniziativa: “questo non è un convegno”.
May 11th, 2004 at 13:18
A me hanno chiesto subito dopo: “Perché l’abbiamo fatto?”
Ho risposto senza esitazione: “Perché ce l’ha chiesto Effe.”
Ossia: se avessimo voluto fare i situazionisti o chessò io, avremmo dovuto seguire fino in fondo le indicazioni coreografiche di Mafe alticcia, invece siamo dei timidoni con debiti di affetto.
Comunque, di quella giornata, il trenino ha occupato corpo e pensiero per non più di 70 secondi. E tutto il resto resta.
Ah, a proposito di codici: la frase “guarda che io sono lesbica” l’hanno detta a me alla festa serale.
May 11th, 2004 at 13:23
Assì, a proposito di codici: il fatto che una cosa sia leggibile da chiunque non vuol dire che necessariamente debba essere comprensibile a chiunque. Un sacco delle scritte sulle porte dei bagni pubblici sono incomprensibili ai più, ma nessuno si è mai lamentato.
May 11th, 2004 at 13:39
Non sottovaluti la forza del Lei, caro Scarp… no, volevo dire Sofri, santiddiio. Sempre meglio che una pacca sulle spalle, non crede? Altrimenti, cosa ne facciamo di tutti i testi sulla prossemica? Ah, ecco, ho intuito la risposta. (E poi, “lei” fa molto terzista. Almeno credo)
May 11th, 2004 at 13:53
Per Squonk e Luca, sempre rispettosamente parlando: che nel blog e nelle sue manifestazioni collaterali si sovrappongano o si alternino codici pubblici (dico quello che tutti possono capire), codici privati (dico quello che voglio far capire solo ad alcuni blogger) e codici personali (dico quello che voglio far capire solo ad alcune conoscenze personali o solo a me stesso), penso sia inevitabile. Può darsi che ci sia un problema di modi e misure, può darsi anche che ci sia chi è più bravo a sovrapporre gli strati mettendo insieme il massimo del pubblico discorrere con il massimo della ludica autoreferenzialità (brrr, l’ho detto). Rimane il fatto che i sensi di colpa del giorno dopo e i discrimini tra gusto, buon gusto e retrogusto (retorico) sanno un pochino di cattedra, e per quanto mi riguarda mi fanno venire un po’ voglia di ricreazione. Però venite pure voi se no non mi diverto. (Qui la faccina che sorride ci starebbe ma poi Squonk mi sgrida)
May 11th, 2004 at 13:57
Al di la’ di trenini e manine, che vanno benissimo ma sono cose tra voi 6-7-8 o quanti eravate a Torino, ho interpretato questo post di Squonk come un modo per mettere giu’ una domanda mica da ridere che riformulo a mio modo cosi’ (sperando di non tradire troppo la domanda originale):
Noi che facciamo quelli che non si prendono troppo sul serio, quelli che non (si) scannano, quelli la cui tattica e’ spesso di spostare il piano della discussione, di sparigliare le carte, di farla diventare meta-discussione, di essere intelligenti senza essere pedanti, non rischiamo un po’ troppo di essere sistematicamente fregati da quelli che la prendono pesante, che (si) scannano, che fanno il lavoro sporco e che alla fine cambiano il mondo in una direzione (ovviamente quella che piace loro) molto di piu’ di noi che ci dedichiamo alle finezze ?
Ci interessa anche il gioco o solo il meta-gioco ?
Siamo sicuri che tutta questa leggerezza, di per se’ piacevole e intelligente, non sia un modo per non mettere le mani in situazioni che non ci piacciono e che non abbiamo speranza di cambiare, perche’ sappiamo di essere in minoranza ?
Se cosi’ stanno le cose, e’ poi cosi’ interessante il gioco della leggerezza ?
May 11th, 2004 at 14:08
Ehm…il mio riferimento alle manine credo sia cosa comprensibile a tutti quelli che guardino con attenzione la foto che Squonk ha celato sotto il link. Non è affatto un messaggio segreto da setta: è una mera constatazione, magari poco seria e intellettuale, ma chiedo venia, sono una nota ignorante. (è sempre più faticoso commentare in certi ambienti, sapete? Forse sono io che sto invecchiando, o che non so più scrivere, mah…)
May 11th, 2004 at 14:11
Ho rieonsato alla mia risposta a Sofri, qui nei commenti. Non mi pace. E’ accomodante. Rilancio da me
May 11th, 2004 at 14:16
Io prima di tutto mi dissocio dalla leggerezza: sono una persona pesante e le gag mi annoiano dopo assai poco. Non è gioco, o metagioco, o antiretorica: per me è esprimere dissenso con il nonsense, marcare chiaramente la mia (personale, con trenini decisamente occasionali) diversità, e senza nessun obiettivo se non la curiosità di vedere “cosa succede”. Cosa è successo dopo il nostro trenino? Al momento quasi niente, un mezzo sorriso di un relatore. Però io so che c’ero, e che ho provato a collaborare (non eravamo lì come ascoltatori, ma con la precisa richiesta di arricchire il convegno con dei post in diretta), e so che ho scelto di comunicare che ero diversa sia da chi parlava (spesso dicendo anche cose sensate), sia da chi ascoltava, sia dai molti che si alzavano e se andavano. Puro narcisismo, e nello stesso tempo qualcosa di meglio di chi il giorno dopo, comodo alla sua scrivania, scrive “ahchenoiaiconvegniblog”.
May 11th, 2004 at 14:39
Marquant, sia equo: i discrimini di cui lei parla sono del tutto personali, e non mi pare che nessuno abbia voluto imporli a nessun altro. E poi, via: se i pensieri fatti davanti allo specchio facendosi la barba diventano tentativi di cattedraticità, siamo messi davvero male (e no, glielo confermo, niente di personale).
May 11th, 2004 at 14:49
Sir, è proprio perché mosso da spirito di equità che stavo cercando di ritagliarmi anche il mio, di angolino. Sempre sulla stessa cattedra, mi sa. (Sta bene con la barba rasata, sa?)
May 11th, 2004 at 17:18
“Perché ce l’ha chiesto Effe” è motivazione necessaria e sufficiente per qualsivoglia iniziativa, anche la più improbabile.
May 11th, 2004 at 23:29
Perché ho fatto il trenino? Perché mi piace fare delle cose sceme e senza senso e senza saperne il motivo. Tipo ballare il sirtaki. Io non so voi, ma mi stavo rompendo a manetta, e se non fosse stato per il trenino e il sirtaki e il prato e le cazzate, mi sarei chiesta che diavolo facevo lì, a teorizzare di una cosa di cui conosco solo la pratica.
May 12th, 2004 at 14:11
io – da “relatore” come mi chiama mafe – ho trovato il trenino assolutamente geniale
May 12th, 2004 at 15:45
Beh, si capiva che rappresentava la doppia elica dell’acido desossiribonucleico, no?
May 12th, 2004 at 23:09
un po’ di sana irriverenza..questo sì..e l’atmosfera un po’ incasinata favoriva (ammetto che l’idea del deus ex machina nella persona di Effe è suggestiva) …poi mi sono immaginata se ce lo avessero fatto al Webb.it qualche giorno fa e mi è obiettivamente venuto da ridere…Sagge parole cmq quelle di Sofri, sottoscrivo tutto (anche le virgole)
May 13th, 2004 at 04:23
incidere si incide quando si può. Seriamente, mai. Per principio.