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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    26/04/2005

    Greetings from Brussels ’05 – 5. Sobrieta’

    Filed under: — JE6 @ 12:48

    Avrei dovuto immaginarmelo, certo. Comunque, adesso so che la degustazione delle tre birre, anche se fatta stando seduti nel catino accogliente della Grand Place, ha i suoi orari; non le 11.15, insomma, con una presentazione che ti attende nel pomeriggio.

    Greetings from Brussels ’05 – 4. Il bello della corona

    Filed under: — JE6 @ 12:44

    Più giro l’Europa, più mi convinco che le repubbliche costruiscono città brutte – o, nel migliore dei casi, anonime. Il Belgio contava come il due di picche quando la briscola è cuori, nella politica d’antan. Eppure, guarda che palazzi, che musei, che viali.

    Greetings from Brussels ’05 – 3. Personalita’

    Filed under: — JE6 @ 12:41

    Ci sono città che ti si parano davanti sicure: sono così, prendere o lasciare. E città che, girandole, ti lasciano in testa solo un gran punto di domanda. Cosa sono davvero? Che anima hanno? Come le potresti raccontare? E al punto di domanda non segue risposta. Ecco, Bruxelles è una di quelle città.

    Greetings from Brussels ’05 – 2. Lentezza

    Filed under: — JE6 @ 12:38

    Stavo leggendo un libro di Paolo Rumiz, poco prima che sul pullman che ci stava portando a Gare du Midi spegnessero la luce. Un pezzo nel quale Rumiz parla della bellezza della lentezza nel viaggio, che serve per gustare, vedere, capire.
    Ha ragione Rumiz, certo. Ma la lentezza ha bisogno di luoghi da assaporare; e mi chiedo se in Italia (quella che conosco io, quella che gravita in cento chilometri quadrati intorno a Miano) esistono ancora.
    Alla fine decido che sì, maledizione, deve essere così. Ci deve essere vita anche a Trezzo sull’Adda; me lo dico entrando a Bruxelles, ma, in fondo, senza crederci davvero.

    Greetings from Brussels ’05 – 1. Dejavu

    Filed under: — JE6 @ 12:32

    Mi sforzo di intravvedere qualcosa oltre il guard-rail, nel buio della notte belga, ma non ce la faccio. Così mi concentro sui cartelli stradali, e leggendo Lille e Tournai precipito in un devastante dejavu che mi riporta a un pomeriggio di agosto di diciannove anni fa, quando, di ritorno dalla Scozia e in attesa di un treno per Tournai, incappai in una retata della polizia che bloccò una intera piazza di Lille alla ricerca di spacciatori di qualsivoglia sostanza proibita. E noi lì, con il nostro InterRail e i nostri zaini, a pregare che non ci succedesse nulla.
    In effetti, non successe nulla. Ma leggere quei nomi mi fa un certo effetto.