Ci sono molte persone, in questo paese, che, politicamente parlando, sono da lungo tempo abituate a “perdere”. Guarda caso, molte di queste hanno “perso” anche questa volta. Quindi, spero che si vorrà riconoscere loro non solo una umanamente comprensibile frustrazione – è un po’ come essere tifosi del Cagliari: uno scudetto e cinquant’anni di limbo, se non di retrocessioni – ma anche il disincanto con il quale accolgono i risultati elettorali.
Invece, è tutto un fiorire di cicca-cicca, da quelli leggeri, elaborati da qualche Flavia Vento in pectore, a quelli profondi e impegnati, che pescano nei sacri tomi della filosofia e della scienza politica.
ça va sans dire, questi ultimi sono quelli che, da queste parti, maggiormente si apprezzano, perchè non si vuole certo rinunciare ad alcuna occasione di crescita intellettuale. Quindi, si fa tesoro di tutto, e soprattutto delle lezioncine al termine delle quali si risulta far parte di una setta di carbonari dediti al culto mistificatorio della cura della democrazia, piccoli giapponesi rimasti bloccati nella giungla dell’Italia degasperiana.
Già. Noi, piccoli stupidi giapponesi, che la partita vorremmo perderla giocandola; invece, la squadra avversaria se ne sta negli spogliatoi, anzi: allo stadio non si presenta neppure. E vince. Contenti loro, poveretti.