Morto un Papa
Non li ho mai votati, e dubito che mai lo farò (almeno fino a quando non saranno depannellizzati e decapezzonizzati), ma nutro una certa temperata ammirazione per i Radicali. Gli riconosco quindi il merito di aver tentato di infilare nella cosiddetta agenda politica anche il tema delle carceri e delle loro condizioni.
Ciò nonostante, non penso sia negabile il fatto che di amnistia si è ripreso a parlare con un minimo di frequenza e di intensità solo dopo che Giovanni Paolo II, più di tre anni fa, ne fece esplicita richiesta di fronte al Parlamento riunito in seduta comune.
Siccome, per tanti motivi (alcuni validi, altri meno), è più facile ignorare Pannella-Capezzone-Bonino piuttosto che il Papa, alle richieste di quest’ultimo i partiti italiani diedero apparentemente grande attenzione e si produssero in dichiarazioni di intenti che sarebbe fin troppo facile, oggi, sbertucciare à-la-Travaglio. Gli è che i politici italiani, e gli ex democristiani su tutti, sono mostruosamente abili nel far passare il tempo e far cadere nel dimenticatoio qualunque questione di qualunque importanza, se questa non è di stringente interesse per i propri elettori: Papa o non Papa. Perchè la realtà è questa: di amnistie e indulti, gli italiani non ne vogliono sentir parlare; sono contrari, detto con altre parole, in larga maggioranza. E se non lo sono, non gliene frega nulla. E allora, muro di gomma. Tanto, morto un Papa se ne fa un altro – che muore pure lui, no?
(“Casini l’ha fatto apposta, è stata ignobile la convocazione il 27, io sono rimasta con mia figlia che è venuta da Praga dove fa l’Erasmus” – Katia Bellillo, su Repubblica hard-copy di oggi)