Azione, e reazione
[Post a rischio: qui, seppure in assenza di blazer blu con bottoni dorati, si rischia di passare per Piero Ottone]
Da queste parti – nei paesi occidentali, dico – si è cresciuti con il culto della libertà di espressione. Tutti hanno il diritto di dire tutto. Non che manchino le eccezioni: vilipendio della religione, oltraggio alla bandiera, oltraggio a pubblico ufficiale, cose così. Insomma, libertà con juicio, si potrebbe dire.
Comunque sia. Il fatto è che le persone non sono nè neutre, nè sante. Ad azioni fanno spesso corrispondere reazioni, che spesso non corrispondono all’insegnamento evangelico che invita a porgere l’altra guancia. Mi insulti? Ti insulto. Mi tocchi su qualcosa o qualcuno che mi è particolarmente caro? Magari ti mollo un ceffone. Succede.
Succede anche che vi siano persone più suscettibili di altre, ed è più probabile sia che queste reagiscano a quelle che ritengono essere delle provocazioni, sia che le reazioni siano più forti rispetto alla media o al comune sentire. Non è una giustificazione ai loro comportamenti, ma è una constatazione inevitabile.
Se disegno o autorizzo la pubblicazione di una vignetta che sbeffeggia Maometto, lo faccio con pieno, pienissimo diritto. Esercito, appunto, la mia libertà di espressione, che è uno dei cardini della società nella quale vivo e nei cui valori credo. Ma sarei uno sciocco e/o un incoscente se pensassi che quella mia azione non è destinata a generare una reazione, che potrebbe riguardare me e, molto probabilmente, diverse altre persone. Se anche queste sono disposte a sopportare le conseguenze delle mie azioni, nessun problema; ma, se non lo sono, forse un minimo di scrupolo dovrei pur farmelo, libertà di espressione o meno: non credo che Monsieur Voltaire si rivolterebbe nella tomba, per questo.