Le mie prime esperienze con i paesi dell’Est sono molto recenti, e quindi non so come si sentivano i russi o gli ungheresi o i bulgari negli anni Settanta o Ottanta di fronte alle vetrine dei negozi, che mettevano in mostra una fila di scaffali desolantemente vuoti. Provo a immaginare le sensazioni: frustrazione, tristezza, rassegnazione, rabbia, apatia: a volte tutte insieme, a volte con una predominante – oggi frustrazione, domani rassegnazione, dopodomani rabbia e tristezza. Se siete elettori, simpatizzanti o quantomeno buoni conoscenti del centrosinistra italiano, sapete di cosa sto parlando. Almeno, così io credo. Non è tutta colpa “loro”, intendiamoci – dove per “loro” qui si intende l’immenso, terrificante accrocchio di partiti, partitini, movimenti, correnti, lider maximi, santi, poeti, intellettuali, registi, banchieri, giornalisti, cantanti, gran dame, sottosegretari, assessori regionali, consiglieri comunali, direttori d’orchestra che tutti abbiamo imparato fin troppo bene a conoscere nel dettaglio. “Loro” ci mettono del loro, se mi si passa lo scadente gioco di parole. Ma anche io, nel mio piccolo, non scherzo. Perchè di fronte a quelle vetrine non faccio niente e – quel che forse è peggio – non riesco nemmeno a convincermi che in giro sia rimasto qualcuno da sostenere davvero, al quale unirsi, dedicare tempo ed energia, o soldi. E questo è un problema – il problema – mio, “loro” non c’entrano nulla.