Il brutto che avanza
Mi è capitato, mesi fa, di incontrare un architetto, incidentalmente lettore di questo blog; ricordo la serata con particolare piacere non solo per la spettacolare quantità di Lagavullin ingerita durante un lasso di tempo discretamente breve, o per il fatto di aver letto con i miei occhi l’espressione “persona corta” far bella mostra di sè in un progetto presentato all’austero dipartimento per l’edilizia di una nota località svizzera, ma anche per la sinusoidale chiacchierata sulla fonte dei guadagni del mio ospite – l’architettura, per l’appunto – che alternò aneddoti su ricchi e insopportabili committenti ticinesi al racconto della visione ravvicinata dei Buddha di Bamyan a sapide considerazioni sul silenzioso conflitto tra geometri e architetti.
Mi è capitato spesso di ripensare a quella conversazione, nella quale mi ero infilato con la massima soddisfazione nel ruolo di ignorante studentello, macinando chilometri in giro per l’Italia e per l’Europa; mi è capitato attraversando la periferia di Catanzaro, percorrendo la Pontina, arrancando lungo la Romea, circumnavigando il nuovo polo fieristico milanese. Ogni volta mi sono chiesto come è stato possibile che un paese che esportava architetti in giro per il mondo sia precipitato nel baratro della bruttura confusa e disorganizzata che è ormai il tratto distintivo del suo territorio, senza nessuna differenza tra città e provincia. E’ la stessa domanda che posi al mio ospite, il quale, in sintesi, mi rispose: “Soldi e ignoranza”. E in effetti tutto torna; la superba, paracula e vuota celebrazione dei monumenti millenari, la stordita venerazione per i perizomi leopardati di Dolce e Gabbana (nonchè per gli stessi Dolce e Gabbana), l’ingordigia di appaltanti e appaltatori, le gare al ribasso, il disinteresse per tutto ciò che non è “cosa nostra”: non possiamo nemmeno augurarci un cataclisma naturale che ci costringa a ricostruire tutto da zero, perchè non saremmo capaci di rinascere più belli di prima come successe a San Francisco dopo il terremoto o a Chicago dopo l’incendio: riedificheremmo Roma come i burocrati comunisti hanno fatto a Varsavia dopo la guerra – finta, grigia e brutta.