Greetings from London ’08 – 4. Nani e ballerine
In fiera c’è un solo imperativo: richiamare gente, “generare contatti”. Diecimila persone concentrate in qualche migliaio di metri quadri, e bisogna incontrarne il maggior numero possibile. Per farlo, si ricorre a qualsiasi mezzo: far entrare un autobus a due piani, offrire pop-corn fin dalle dieci del mattino senza soluzione di continuità, mettere in palio una Wii. Si ricorre al sesso, senza troppi problemi: da anni, la Steve Wexler ha una o due standiste implacabilmente identiche a Pamela Anderson pre-sgonfiamento, tailleurino con minigonna ascellare, scollatura larga e profonda e una quinta che preme e dalla quale si possono staccare gli occhi solo richiamandosi ripetutamente al rispetto dei sacri valori della famiglia. Tutto questo fa parte del baraccone che si sposta da Londra a Chicago, da Lille a Wiesbaden, da Norimberga a Parigi, e ormai ci siamo abituati. Però si può sempre fare di più, e di peggio. Ieri, mentre aspettavo un cliente americano vicino all’ingresso del padiglione, guardavo smarrito una piccola macchia viola che percorreva il corridoio. Una macchia alta un metro, forse un metro e dieci. Viola, dicevo: come il vestito a tre pezzi, e le scarpe, e la cravatta, e il trucco sulla faccia. Chè quella macchia era una persona: piccola, come sono i nani, ma pur sempre una persona.