Sul petto ho scritto “Salvataggio”
Ogni estate leggo le avventure dei miei colleghi, quelli che fanno i bagnini nei posti rinomati, Rimini, Riccione, Forte dei Marmi; quelli che pare siano delle persone celebri, che danno del tu ai famosi e si portano a letto chiunque, la svedese alta due metri, la mammina di Roma e l’impiegata di Milano. Mi piacerebbe conoscerli, anche se credo che a farlo ci rimarrei male – li troverei tanto migliori di me, o forse tanto uguali da farmi chiedere “cos’hanno loro che io non ho”, per poi rispondermi che io sono nato e cresciuto qui, in un paesino della Puglia. E loro no, ecco tutto.
Passo le giornate seduto sul mio trespolo, nascosto nella maglietta rossa e dietro gli occhiali a specchio; questo è un posto tranquillo, sulle spalle e sul petto ho scritto “Salvataggio” ma, per mia buona sorte, non ho mai veramente dovuto salvare nessuno: ogni estate mi toccano un paio di uscite a remi per andare a recuperare qualche ragazzina andata troppo al largo con il canotto, e per fortuna nient’altro. Due colpi di fischietto per far capire a quei bambini che devono scendere dalla barca che io dovrei usare per salvare loro o la loro mamma, il buongiorno alla coppia di Bari che viene al lido da vent’anni, ore e ore a guardare il mare pieno di gente che forse si diverte e forse no. Me ne sto in silenzio per quasi tutto il giorno, ogni paio d’ore mando un sms alla mia fidanzata che – tu guarda – se ne va in vacanza con le amiche in Romagna “che tanto tu non ti puoi muovere, ti dispiace?” e io che le posso dire se non “vai, vai pure” per poi rodermi il fegato quando non risponde, capace che sta un giorno intero senza farsi sentire e poi giusto un “qui tutto bene, tu?”, ma lasciamo stare che poi penso ai miei colleghi che magari si fanno anche le studentesse pugliesi oltre alle svedesi alte due metri, le mammine di Roma e le impiegate di Milano.
Non posso dire che vado matto per questo lavoro, ma un lavoro bisogna pur farlo, no? E poi ho una mezz’ora che mi fa sentire bene, la mattina presto, quando la spiaggia sta ancora vuota e silenziosa ed io ho finito di preparare gli ombrelloni e i lettini e il salvagente e il fischietto, e allora me ne sto fermo, in piedi, a guardare il mare piatto e la città bianca all’orizzonte – e allora ci sono solo io, che non penso a nulla e che per quella manciata di minuti basto a me stesso. Poi arriva la coppia di Bari, che quelli si svegliano presto, e li saluto, e si ricomincia.