Anestesia 2
Ascoltavo Veltroni, ieri. Lo ascoltavo, e guardavo la gente, le bandiere, i colori.
Mi sono ricordato che c’è stato un tempo nel quale mi pensavo di sinistra. Un tempo lontano. Nè bandiere rosse, nè eskimo – noi del ’66 eravamo fuori tempo per tutto – ma la sensazione che quella fosse la parte giusta, intrinsecamente giusta. E’ stato un periodo abbastanza breve. Mi guardavo intorno e mi pareva che “dall’altra parte” non tutto fosse brutto, sporco e cattivo. La curva di Laffer e la trickle down economy, che in Bocconi mi spiegavano per quello che erano, senza pregiudizi nè nell’uno nè nell’altro senso, mi risultavano delle rovinose idiozie; ma la Thatcher con i minatori e Reagan con i controllori di volo, e i 40.000 impiegati Fiat che marciavano a Torino – beh, saranno anche stati “dall’altra parte”, ma non era una parte sbagliata. Sì, a pensarci bene credo che sia stata proprio l’università, la famigerata Università Commerciale Luigi Bocconi in Milano a insegnarmi una certa libertà di pensiero. Da allora non sono mai stato più veramente, completamente “di sinistra”. Non so bene come spiegarlo, so che è stato così, e so che lo è anche adesso. Quando ho sentito Veltroni ripetere per due, tre, dieci volte “L’Italia è un paese migliore della destra che la governa” mi sono sentito prendere da uno sconforto profondo. Perchè delle due l’una: o ne è convinto, e allora ha gli occhi foderati di amianto, o non lo è – e quindi è un bugiardo. Non chiedetemi di dare definizioni di destra e sinistra: non sono in grado di farlo, non è il mio mestiere. So di non essere “migliore” di chi ha votato Berlusconi, e di non essere migliore di chi sta oggi nella stanza dei bottoni italiana. Ciò che c’è là fuori è anche merito e colpa mia, così come di chi era al Circo Massimo. La logica conclusione di questo discorso è che non sono nemmeno migliore di Veltroni, ed è una cosa della quale mi vergogno un po’.