Greetings from Madrid ’09 – Il lungo viaggio
E’ un volo strano, questo delle otto di mattina per Madrid. Qualcuno come me, giacca e ventiquattrore, un trolley con un cambio per una cena di lavoro e quattro brochure; e moltissime incredibili facce da indio, al check-in è un fiorire di passaporti della Republica Andina de Perù, e grandi borse per affrontare un viaggio che durerà un giorno, e magari due per farlo costare meno. Sono i camerieri e le badanti e i muratori che incontriamo tutti i giorni, senza rendercene conto, perchè a casa nostra i padroni siamo noi – o almeno così crediamo. Tornano in patria, da dove mancano da chissà quanto tempo, dove hanno lasciato figli che non li riconosceranno e genitori ai quali presenteranno i nipoti nati in terra straniera. Hanno bambini bellissimi, ai quali parlano in italiano – vieni amore, dallo alla mamma – e dopo mezz’ora si addormentano di colpo, come presi da una stanchezza invincibile. Ripenso ai racconti di Vargas Llosa, mi chiedo come sono i villaggi dove festeggeranno tenendosi nel cuore l’ombra del ritorno in Italia o la malinconia del sentirsi stranieri in patria – come staranno in quelle quattro settimane che passeranno nelle Ande gelide, o nella foresta amazzonica. Mi piacerebbe essere amico di uno di loro, e non dovermi fermare a Barajas ma continuare standoci insieme, un passo indietro, e vedere davvero il mondo.