Seguendo la targa con lo sguardo
Ti vedo arrivare dal ponte, quello dell’inceneritore. Stringi un po’ gli occhi per difenderti dal sole. Hai una macchina come tante altre, anche la tua faccia è come tante altre. Tutti quelli che mi caricano hanno facce come tante altre. Hanno tutti la stessa faccia. Avete tutti la stessa faccia. O magari sono io che vi vedo così, chissà. Rallenti un po’. Mi preparo. Faccio scendere la gonna di un paio di centimetri, aggiusto la borsetta. Mi chiedo perché vi piace che la puttana che scoperete tra mezz’ora porti la borsetta. Mi chiedo un sacco di altre cose, in effetti, ma nessuna di queste ha importanza. Conta solo che facciate in fretta e paghiate. Mentre ti avvicini non sorrido, ma uso quell’espressione che vi attizza, vieni bello stavo proprio aspettando te adesso ci divertiamo. Tra un’ora sarai uno in più sulla mia lista, e uno in meno per arrivare alla fine della giornata. Ormai ci sei, su. Frena. Ehi. Dove cazzo vai. Dove vai.
Mi volto, seguendo con lo sguardo la targa della tua macchina che si allontana. Non guardavi me. Le montagne bianche di neve, là all’orizzonte. Quelle che stanno sopra tutto, sopra i cavalcavia della tangenziale, sopra il tubo azzurro e altissimo che brucia la spazzatura e la sputa in cielo. Guardavi quelle. Bastardo.