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17/07/2010
C’è qualcosa di sinistro là in fondo, là dopo le file degli ombrelloni e le prime smagliature e i riccioli biondi dei bambini autistici e uaiemsiei e la Menabrea in bottiglia e i kayak e i sassolini e i due lettini più ombrellone e il disegno del promontorio e le case nobili, c’è quella vecchia canzone, issa dal nero del mare, dal profondo del nero del mare, c’è quella cosa tranquilla che porta fuori tutti i tuoi incubi peggiori – se solo stai fermo abbastanza a lungo ad aspettarli, se solo hai abbastanza pazienza per guardarli.
16/07/2010
A volte le cose si fanno senza un vero motivo. Senza un vero motivo importante, dico, uno di quelli da massimi sistemi. Poi finisce che le cose ti trovi a farle, e il motivo ce lo trovi dentro, chiaro, evidente, semplice. La storia è quella che trovate raccontata qui sotto, con le parole che ha scelto una delle migliori compagne di viaggio che si possano immaginare. Otto tappe, un piccolo giro del mondo fatto per cimiteri, perché “si impara sulla vita guardando la morte”. Grazie, my dear friend.
Un giorno d’estate una signora malmostosa e un signore silenzioso a cui tutti davano del lei si incontrarono in una grande piazza dove la gente si parla senza vedersi. Tra un accenno e una mezza parola scoprirono di avere una passione in comune: i cimiteri. Un giorno il signore silenzioso, che amava molto scrivere, le mandò un biglietto in cui le chiedeva di scegliere dei cimiteri per lui, su cui poi scriverci dei racconti, lei ci pensò e disse “Va bene” . Salirono insieme su quello che sembrava un treno, ma in realtà erano montagne russe, e ogni volta che lei pensava di aver trovato il posto giusto tirava il freno di emergenza e scendevano al volo. A quel punto la malmostosa si sedeva e gli raccontava cosa avessero visto i suoi occhi in quel luogo, lui la ascoltava, prendeva carta e penna e si allontanava, mentre lei lo attendeva tranquilla. Finito di scrivere il racconto il signore silenzioso ritornava da lei, che lo leggeva e lo metteva in una scatola di metallo che aveva con sé, e dopo, insieme, se ne andavano. Un giorno, dopo l’ennesimo foglio scritto fitto fitto, il signore si sedette vicino a lei e le disse che forse anche agli altri potevano piacere le loro storie, lei non gli rispose, aggrottò la fronte, guardò la scatola che teneva sulle ginocchia e dopo un lungo sospiro decise di continuare a fidarsi di lui come aveva fatto fino a quel momento, lo ringraziò per lo splendido viaggio, si alzò e lo salutò con un bacio in fronte. La signora malmostosa ritornò nella grande piazza si sedette sulla sua panchina nera con le scritte bianche e disse a tutti quelli che erano lì e che la conoscevano che aveva da leggergli qualcosa, aprì la scatola, tirò fuori il primo foglio, mentre il signore silenzioso la guardava da lontano seduto al tavolino del bar.
Antoine
Allyson
Juliet
Joerg
Natsuo
Don Gheorghe
Il poeta sconosciuto
S.
15/07/2010
Ho appena sentito un onorevole (PdL, ma vabbeh) dire “sui nostri smartphone ci scambiamo tabulati”.
Arriva una sera, una sera calda e umida, di quelle che non serve nemmeno salire sul colle per non sentirsi la pelle bitumata, e sarà la stanchezza, sarà che la giornata è stata lunga per tutti, sarà che ci si avvicina a piccoli passi faticosi verso quei dieci giorni di pausa e si vogliono tenere le energie per riuscire a farli, quei pochi piccoli passi, sarà per questo e per altro, arriva una sera nella quale si forma il tacito accordo di non farsi male, di non chiedere troppo, di restare tranquillamente in superficie, di domandare come va e di accontentarsi del tutto bene grazie e tu, di sorridere e fare battute lievi, di guardare il colore di un vestito e tenersi i complimenti per sé, e si scende a notte fonda, con l’aria che tiene svegli, sentendosi come dei fortunati sopravvissuti, sapendo di esser stati tra due parentesi – tonde o quadre poco importa.
13/07/2010
Nelle comiche degli anni Venti c’è sempre una scena nella quale il protagonista porta in spalla una lunga asse di legno. Si gira, e con un’estremità abbatte un vaso prezioso. Sente il rumore, si volta dall’altra parte e infrange una finestra. Si spaventa, si volta di nuovo e colpisce l’amico, o il nobile padrone di casa, in una successione di inconsulti movimenti riparatori che non fanno altro che provocare nuovi e irreparabili danni. Ci sono periodi nella vita durante i quali sembra che le cose vadano così – una parola fa un danno da una parte, l’offerta di scuse ne procura un altro dalla parte opposta e così via, fino a quando il ciclone si ferma, e ciò che resta da fare è guardarsi intorno, sedersi, immobilizzarsi per un po’. E poi raccogliere i pezzi, e vedere se c’è una colla abbastanza forte per rimettere insieme ciò che una volta era intero.
Basta un niente per accorgersene. E’ un lampo, la percezione veloce, chiarissima e violenta che la verità di quel che stai vedendo è un’altra. E’ qualcosa che non tutti possono cogliere. E’ il sorriso del caimano al telegiornale, fiducia per gli uni e trappola per gli altri. E’ la mano che si appoggia su un fianco o su una spalla, quella che sembra dire “ti voglio bene” e invece significa solamente “ti voglio”. E’ il gesto, il tono, il lievissimo incresparsi del labbro, il volto che resiste a lungo simulando indifferenza. Ma c’è sempre qualcuno che possiede quel codice, che legge ai raggi X, che sa cosa c’è dietro la porta della recitazione sociale o di coppia. Poi capita che quella finzione non possa essere svelata, perché non è affar proprio, perché – invece – è anche affar proprio, perché alla fine è meglio così, perché oggi a te e domani a me, perché siamo tutti uguali. Ma ricordati, io ti ho visto, io so.
09/07/2010
L’uomo racconta dei suoi turni – la sveglia quando il resto del mondo dorme, il ritorno quando il resto del mondo lavora, i bambini, la piscina, l’oratorio, la spesa. Sorride, mentre la figlia gli salta in braccio. In disparte, qualcuno pensa a una domanda fatta e a una risposta non ricevuta. Fa caldo, nel buio si intuisce il velo dell’umidità che farà passare un’altra notte difficile al capannello di persone che si sta lentamente muovendo verso le macchine parcheggiate poco distanti. L’uomo guarda l’orologio, scuote appena la testa contando le poche ore di sonno che gli si parano davanti. Sembra felice.
08/07/2010
Stando lontano si è riattivato lo spirito di quando andavo in mountain bike. Se arrivi primo in salita, inizi a pensare che quelli del tuo gruppo possano aver avuto dei problemi. E speri di non dover fare una discesa prematura.
Ci sono persone che non sai bene come definire, ché amico è forse troppo ma semplice conoscente è di certo troppo poco. Ma non è che bisogna definire per forza tutto e tutti, in fondo.
07/07/2010
«Tra ieri e oggi mi sono occupata solo del Monopoli», ha detto il primo cittadino a chi le chiedeva novità sul nodo dell’eventuale acquisto delle aree dove si svolgerà l’Expo 2015. «Milano è al momento fuori dalle 22 città che entreranno nel gioco e quindi faccio un appello ai cittadini milanesi perchè votino la loro città sul sito www.monopolyitalia.it perché Milano sia presente in questo bellissimo gioco»
No, è che poi uno legge una dichiarazione della sua sindachessa, colei che dovrebbe assicurare il funzionamento dei servizi pubblici, garantire le necessarie economie di bilancio, evitare il crollo rovinoso del giocattolone denominato Expo, e cerca con tutte le sue forze di trovare una giustificazione – il caldo, l’età, la stanchezza, un motto di spirito – e alla fine si accascia sulla prima sedia a disposizione, l’animo malinconico, le pupille che roteano fino a perdersi dietro la nuca.
06/07/2010
E’ solo che a volte basta poco, pochissimo, per portarti indietro di venticinque anni e una vita.
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