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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    30/01/2011

    Maggio ’43 (una sera sulla via Emilia)

    Filed under: — JE6 @ 19:18

    Accendimi le luci. Lascia il buio in sala, solo le luci dell’astronave. Ecco, così, bravo. Che questo mestiere di attore lo si fa per questi due minuti, quando proprio poco prima che tutto sia finito riesci finalmente a vedere le facce di quelli che sono venuti a sentirti. Come quel ragazzo, lo vedi, che fa una faccia seria ma calma perché lei gli ha appoggiato la testa sulla spalla e tira un po’ su col naso e lui le vuole far capire che stai tranquilla amore ci sono qui io, va tutto bene, io sono forte anche se sono un ragazzo, puoi fidarti di me. E quell’altro? Sì, quello in penultima fila, con i capelli neri e la barba, quello che ha la faccia di uno che sa tutte le lingue del mondo e sa pure la mia e adesso stringe gli occhi e sembra una spugna e quando io dico le parole dei miei bisnonni lui le capisce anche se è nato mille miglia lontano e se le gode, quanto se le gode quelle parole. E quella donna, là a sinistra, quella bella con gli occhi fondi come il nero del mare e i capelli lisci, che adesso sta scrivendo qualcosa col telefono, e io credo di sapere cosa scrive, scrive che ha riso e ha pianto, e non parla di me ma parla di lei, e dice che adesso torna a casa e si sente addosso una malinconia bella e non ha voglia di parlare ma solo di guardare fuori dal finestrino della macchina. E macari quest’uomo, questo signore anziano che sta in seconda fila, che se gli metti in bocca una Nazionale senza filtro pare tutto zio Michele che mi insegnava le canzoni di sentimento, quest’uomo io me lo sento che ha visto le bombe cadere dal cielo e macari lui è sfollato in una casa nica nica lontano dalla città e chissà se a sentirmi ha bestemmiato oppure ha ringraziato la sua santuzza come fecero quelli della mia famiglia.
    Adesso stai pronto, quando mi passo le dita tra i capelli tu spegni tutto, anche le luci dell’astronave perché ho visto quel che dovevo vedere, e nel buio io esco, e il sipario si chiude, e tu riaccendi le luci in sala, ché è ora di tornare a casa.

    [Niente, se potete andate a vederlo. Lui vi guarderà dal palcoscenico, e voi sarete contenti]

    28/01/2011

    Traslochi

    Filed under: — JE6 @ 07:58

    Un binocolo, un flacone di Pumilene Vapo, delle bustine di the, un centinaio di magneti, un paio di coltellini svizzeri, una bambola voodoo, un frigorifero da venticinque litri, una macchina per il caffè americano, una palla che predice il futuro, tre o quattro etti di biglietti da visita, sei mug portapenne, le penne, una sfera luminosa, una stressball, una quindicina di agende e blocchi appunti mai utilizzati, due bandierine scozzesi, il fazzoletto di una birra australiana, una bottiglia di Stella Artois edizione Cannes 2005, una pila, un misuratore di pressione, un retino da stampa, un prisma. E ventuno mesi passati a questa scrivania, insieme a una manciata di belle persone, insieme ad amici: e se non tutto è andato come si voleva, beh: almeno ci si è provato. Da martedì si cambia, nuovi colleghi, nuovi posti, nuovo numero di telefono, nuovo indirizzo. Si trasloca, si va avanti, portandosi dietro quel che si può.

    27/01/2011

    Stupidità distribuita

    Filed under: — JE6 @ 08:54

    Civiltà è dare potere alla società civile, acciocchè cinesi e igieniste dentali trovino adeguata rappresentanza e anzi diventino essi stessi rappresentanti della società civile suddetta.

    26/01/2011

    Schemi

    Filed under: — JE6 @ 09:00

    Le cose, gli schemi. A volte sembra di poter prevedere quasi tutto – azione, reazione, prosieguo, finale. Nel piccolo, le parole studiate, le immagini ad effetto, lo stringimento di stomaco, and they lived happily ever after fino al prossimo bacio Perugina. Nel grande, la promessa, la fiducia, il portaci dove ci hai detto che, il credete ancora in me. E la trasmissione televisiva, la telefonata del presidente del consiglio, il berciare contrapposto, i titoli di coda, la ripresa sui giornali, la schermaglia, la nuova trasmissione televisiva. Una infinita teoria di occasioni da “lo sapevo, l’avevo detto io”, talmente lunga da far passare la voglia di dirlo, non sarà colpa nostra la sventata cecità altrui, noi possiamo tirarcene fuori e attendere sulla riva del fiume, correndo il solo rischio di diventare troppo vecchi nell’attesa di un evento ineluttabile.

    25/01/2011

    Sensazioni forti

    Filed under: — JE6 @ 09:00

    In radio passano un servizio sul Treno della memoria. A una ragazza di sedici anni viene chiesto perché molti suoi coetanei, compagni di classe e di istituto non partecipano alla manifestazione: “perché hanno paura che le sensazioni che potrebbero provare siano troppo forti“.

    23/01/2011

    Sei

    Filed under: — JE6 @ 19:40

    Ho appena letto che secondo Emma Marcegaglia, il governo è insufficiente da sei mesi. Ora, che fiducia vuoi avere nel futuro di un paese guidato da gente che non sa nemmeno badare ai propri interessi?

    22/01/2011

    E pluribus unum

    Filed under: — JE6 @ 18:42

    Una cosa che non ho mai capito è perché ci danniamo tanto per l’unità sindacale quando accettiamo che di sindacati ne esistano a dozzine.

    20/01/2011

    Noia

    Filed under: — JE6 @ 11:11

    Siccome sono uno che si annoia facilmente, mi sono fermato circa a pagina 170. Quando i propri difetti sono delle ancore di salvezza, diciamo.

    19/01/2011

    Questione di genere

    Filed under: — JE6 @ 12:19

    Si dice molto spesso che Silvio Berlusconi incarna quasi alla perfezione i tratti dell’italiano medio, aspirazioni incluse. Data l’ampiezza del suo elettorato, non posso non pensare che l’incarnazione riguardi pure i tratti dell’italiana media. E questo, lo ammetto, mi dispiace un po’, un po’ di più.

    18/01/2011

    Comunisti immaginari, release 2011

    Filed under: — JE6 @ 09:00

    Girando l’ultima pagina di Comunisti immaginari di Francesco Cundari ho provato la stessa sensazione che ha accompagnato la dissolvenza dell’ultima scena di The West Wing: la sensazione di mancanza di una cosa bella. A pensarci, forse quel che mi manca è il mondo che Francesco ha descritto, e che io non ho mai conosciuto. Un mondo fatto da gente con mille difetti, che ha creduto in cose che oggi facciamo fatica persino a immaginarci: ma gente con la spina dorsale, l’esatto contrario dei barbari che Baricco descrive così bene. A pensarci ancora meglio, e come lo stesso Francesco mi ha fatto notare, non era tutta questione di “persone”; c’era il partito, che non era solo una bandiera con una falce e un martello. Era – io credo – l’insieme di due elementi, ugualmente importanti: l’organizzazione (“una volta dettata la linea, dopo è tutta questione di organizzazione”) e – e forse soprattutto – l’idea. La ragione di vita, non so come dire. Tutti i paralleli che si fanno tra la Chiesa cattolica e la “Chiesa” comunista mi sembra che trovino fondamento in questo: l’esistenza di una ragione profonda (una “causa”) che può portare una persona a dedicarle la vita, l’unica che ha su questa terra. Quando noi ci parliamo del ricostruire un partito, ecco: mi chiedo se questo reggerebbe al tempo che viviamo, alla nostra mancanza di una ragione così forte.