Corsetti, monocoli, eloqui forbiti
L’educazione non è ormai una forma di rispetto umano scambievole e con le sue regole codificate, no certo, è resistenza alla maleducazione. […] Uso e abuso indiscriminato dei propri corpi, senza un’occhiata guardinga all’estetica, e simile abuso dell’estensione vocale in qualsiasi mezzo o località pubblica. Il maleducato guida, parcheggia e soprattutto telefona sfondando le capacità contenitive di una città, mentre sorvola sui tatuaggi e le sbornie dei figli, protestandosi di fronte a una generazione ingovernabile.
Leggevo queste righe di Franca Valeri riportate da Paola, e pensavo alla vecchia storia della trave e della pagliuzza, a chi vorrebbe strangolare il dirimpettaio sul Frecciarossa perché non mette il cellulare in vibrazione e conversa a voce alta ma ostenta il proprio tatuaggio tribale sulla spalla o sulla caviglia, a chi odia chi ostenta i tatuaggi ma suona il clacson a ogni semaforo, a chi ucciderebbe chi suona il clacson ma dice “cazzo” ogni otto parole, a chi disprezza chi dice “cazzo” ogni otto parole e riempie ogni frase con il suo complesso di superiorità, a chi compatisce chi coltiva i complessi di superiorità e lascia il mozzicone di sigaretta in spiaggia, a chi multerebbe chi lascia il mozzicone in spiaggia e il giorno dopo in ufficio si vanta del mal di testa da hangover dovuto ai quattro mojito della sera prima, al circolo infernale di una società che si è talmente dimenticata del buon gusto e, appunto, dell’educazione da far rimpiangere i tempi della Regina Vittoria, come se le gabbie dei formalismi da film in costume fossero l’unico argine alla slavina inarrestabile del neanderthalismo della modernità.