Comunisti immaginari, release 2011
Girando l’ultima pagina di Comunisti immaginari di Francesco Cundari ho provato la stessa sensazione che ha accompagnato la dissolvenza dell’ultima scena di The West Wing: la sensazione di mancanza di una cosa bella. A pensarci, forse quel che mi manca è il mondo che Francesco ha descritto, e che io non ho mai conosciuto. Un mondo fatto da gente con mille difetti, che ha creduto in cose che oggi facciamo fatica persino a immaginarci: ma gente con la spina dorsale, l’esatto contrario dei barbari che Baricco descrive così bene. A pensarci ancora meglio, e come lo stesso Francesco mi ha fatto notare, non era tutta questione di “persone”; c’era il partito, che non era solo una bandiera con una falce e un martello. Era – io credo – l’insieme di due elementi, ugualmente importanti: l’organizzazione (“una volta dettata la linea, dopo è tutta questione di organizzazione”) e – e forse soprattutto – l’idea. La ragione di vita, non so come dire. Tutti i paralleli che si fanno tra la Chiesa cattolica e la “Chiesa” comunista mi sembra che trovino fondamento in questo: l’esistenza di una ragione profonda (una “causa”) che può portare una persona a dedicarle la vita, l’unica che ha su questa terra. Quando noi ci parliamo del ricostruire un partito, ecco: mi chiedo se questo reggerebbe al tempo che viviamo, alla nostra mancanza di una ragione così forte.