In partenza al binario 3
Non sono mai stato un pendolare nel senso comunemente dato al termine. Anche se, pensandoci, a mio modo lo sono stato, non avendo mai lavorato a Milano prima di quest’anno: Bernate sopra Ticino, Sesto San Giovanni, Vimodrone, Arese, Corsico – impiegando per anni a raggiungere l’ufficio lo stesso tempo che mi sarebbe occorso per arrivare a Bellinzona o Torino. Ma non ho esperienza di treni e ritardi e corse per non perdere coincidenze e impianti di riscaldamento non funzionanti e tutto il racconto tristemente epico che un paio di volte all’anno posso leggere nei reportage della cronaca locale di Repubblica. Così oggi, che sono su un regionale tra Bologna e Falconara, guardo stazioni solitarie e innevate, ho tempo di fissare muri che abbisognerebbero di una mano di colore, leggo striscioni che riportano a feste in onore dei ferrovieri del compartimento di Bologna del 1988, osservo vagoni raminghi su binari morti, ascolto studenti che tornano a casa per il weekend – oh ciao anche tu qui, che fai, dormo, lo vedo, e tu, provo a comporre – non ho fretta e ho tempo di vedere le cose che per me hanno il fascino di un’indolente mattina di sabato, tra ragazze senza mento che dormono con la bocca aperta, capannoni di varie metrature affittabili telefonare ore ufficio, betoniere e cascine, prima di tornare sul FrecciaRossa, o sul 24 Duomo-Vigentino, capolinea via Dogana.