Saluti da Trieste – La Risiera
Mi guardo intorno prima di entrare: un deposito con le indicazioni per lo scarico della merce, mi pare che sia della Coop, e dalla parte opposta un discount – parcheggio gratuito per i clienti. Incastrata tra due banali simboli dei nostri tempi, la Risiera di San Sabba è un grande edificio in mattoni rossi, che se non fosse stato un centro di smistamento verso i campi di sterminio nazisti e un luogo dove il crematorio ha bruciato i corpi di migliaia di disgraziati oggi verrebbe catalogato come reperto di archeologia industriale e ospiterebbe loft di aziende hi-tech. E invece. Non ci vuole molto a girarlo, è molto più piccolo di Dachau e Mauthausen – posti che ho visto – ma c’è tutto quello che serve per ricordare ciò che non abbiamo né visto né conosciuto: le celle buie e piccolissime, la camera della morte, lo spazio del crematorio distrutto poco prima dell’abbandono del campo, e l’aria ferma e grigia della morte violenta. Mi tengo a una ventina di metri di distanza da una classe in gita scolastica di fine anno: non sono italiani, avranno sedici anni, cerco di intercettare qualche parola e non la capisco, potrebbero essere sloveni, o croati, o chissà cos’altro. La professoressa li raduna, richiama i capannelli di amiche rimaste indietro. Vicino a una lastra incisa in italiano e in una lingua slava, che riporta le parole di un ragazzo morto nella Risiera nel 1945 – tra poco morirò, addio mamma, addio sorella, addio papà – sta un signore anziano, in giacca e cravatta. Un reduce, credo. Aspetta che i ragazzi facciano silenzio.
June 2nd, 2011 at 22:49
Ci sono entrata così tante volte…
e tutte le volte esco ed è una giornata diversa.