Greetings from Beograd – No Wimbledon
Ci sono ancora trentadue gradi quando, alle nove e mezza di sera, saliamo sul taxi che dall’aeroporto ci porta in Palmira Tolijatija Ulica. Niente aria condizionata sulla vecchia Fiat Marea guidata dal gemello serbo di Zio Fester, finestrini abbassati dai quali entra aria calda e un odore fatto di gomma e asfalto e plastica e scarpe e cemento e trattori. In uno dei cento deja-vu di questo lavoro mi pare di essere tornato a Bucarest, nel giugno di sei anni fa, lo stesso caldo, lo stesso lungo, enorme viale che porta verso la città, un taxi con la musica a palla – e in questo non c’è solo la radio a riempire l’abitacolo, il tassametro è stato tolto per fare posto a una tv da nove pollici che Fester guarda più spesso di quanto vorremmo. Ci fermiamo a un semaforo, le strade sono piene di gente che mangia ćevapčići a duecento dinari al piatto, Fester fa un gesto per dire madonna quanto si suda, dice “asphalt, bitum” puntando il dito verso il basso, poi indica una piccola aiuola a lato della strada e ride – “no Wimbledon here”, niente erba, noi ci impieghiamo un po’ a capire cosa vuol dire, ridiamo anche noi, Milano is not so much better, you know.