Greetings from Praha 2012 – Alberi, fornaci, autosaloni
Durante i quattro minuti di ritardo che l’Eurocity si porta in dote al binario 2 si ferma, per qualche decina di secondi, uno strano terzetto. Una locomotiva tutta ammaccata, come se avesse preso a testate muri e passaggi a livello e tronchi e dio sa cos’altro ancora. Un vagone letto. E un vagone normale. Russian Railways, leggo sotto le scritte in cirillico, ed è la seconda volta in due giorni che provo la nostalgia di un vero viaggio in treno, niente alta velocità, niente giacche e cravatte, odore di traversine, scritte incomprensibili. Salgo sul mio treno, Brno Praga Berlino Amburgo, il vagone mi fa la stessa impressione di strana e inusuale larghezza, come quelli delle metropolitane dell’est, di Budapest e Bucarest, eppure lo scartamento dovrebbe essere il nostro, non andiamo a oriente. Appena fuori da Bratislava inizia la campagna, il verde scuro dei boschi, dei vigneti, di una giornata nuvolosa che diventerà tra poco piovosa. Questo mi è sempre piaciuto del treno, lo stare lontano dai paesi fino all’arrivo in stazione, l’idea – spesso falsa, lo so – che là fuori ci sia natura, ci siano campi e foreste e torrenti e strade secondarie che corrono in parallelo ai binari. Il paesaggio continua monotono, malinconico e rassicurante, accendo il computer per spegnerlo cinquantanove minuti dopo con la sensazione che avrei fatto meglio a guardare fuori dal finestrino, guardo lo schermo del telefono e vedo che Sk è diventato Cz, siamo in repubblica ceca. Poco dopo Brno vedo pescatori intabarrati nelle loro cerate fissare canne che non si muoveranno per il resto della giornata, mentre i due ragazzi che sono appena saliti e mi si sono seduti a fianco mangiano enormi frittate in attesa di arrivare a Berlino per poi volare in Islanda con una loro amica. L’orologio mi dice che dovrei essere a Milano per un funerale, e invece rileggo gli appunti per gli appuntamenti del pomeriggio. Il vagone si addormenta, una nonna tira fuori da una borsa un panino per il nipote tanto biondo da essere albino, fuori sono pozzanghere, campi di grano, alberi di un verde da Alto Adige, vento, fornaci, autosaloni. Penso che l’unico vero grande difetto del treno è che, a differenza dell’aereo (e chissà per quanto ancora), il telefono funziona e la parentesi non può essere completa, totale – lo so, basterebbe spegnerlo, ma non si può visto che si può. Arriviamo a Praga, c’è il tempo di cambiare un po’ di valuta, di mangiare un boccone, di uscire dalla parentesi. Ha smesso di piovere, ma sembra che riprenderà presto.
(E’ la prima volta che scrivo un Greetings conto terzi. Diciamo che è un regalo per il tenutario di un blog su treni e stazioni e annessi e connessi. Lo ha pubblicato lui per primo, lo trovate qui, date un’occhiata anche al resto, mi raccomando)