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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
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    09/08/2012

    Sugli scalini della piazza

    Filed under: — JE6 @ 17:30

    Sono fermo al semaforo in attesa di attraversare la strada quando li vedo arrivare. Non hanno niente di particolare, se fosse scattato subito il verde forse non li avrei nemmeno notati. Invece mi passano nel campo visivo, e chissà perché li seguo con lo sguardo. Avranno una trentina d’anni, due volti normali, vestiti bene senza eccessi, senza particolari curiosi. Potrebbero essere due fidanzati, due amici, due colleghi. Camminano parlando tranquillamente, non hanno telefoni in mano, lui ride. Si fermano, fanno come per sedersi sugli scalini di marmo sporco che circondano la piazza, lei fa un gesto come per dire spostiamoci un po’ in là, forse dal locale che in quel momento sta alle loro spalle esce una musica a volume troppo alto. Tornano sui loro passi di una decina di metri, si siedono, lei alla destra di lui. Io guardo l’orologio e poi il semaforo, realizzo che avrei dovuto passare quel semaforo due o tre minuti fa, ma tutto sommato non ho così tanta fretta e allora vado verso di loro, senza fissarli, come se stessi andando a prendermi un caffè, come se fossi un turista. Mi siedo anch’io sugli scalini della piazza, guardo la gente che va avanti e indietro lungo i marciapiedi, i taxi, il mio semaforo che cambia colore. Ogni tanto mi volto verso i due, li ascolto parlare, una normalissima conversazione tra persone che si conoscono, chissà quanto bene, cose di lavoro, cose di vacanze, il caldo. Anche lui come me guarda i passanti e il traffico, lei parla di più ma lui si capisce che ascolta perché ogni tanto risponde e non si limita a un monosillabo, dice qualcosa, fa una domanda, sempre guardando dritto avanti a sè. Poi c’è un momento, lei cerca qualcosa nella borsa che tiene tra i piedi, appoggiata su uno degli scalini di marmo sporco che circondano la piazza, e in quel momento lui si gira verso di lei e la guarda, lei non se ne accorge, lui la guarda come se volesse fissarsi negli occhi ogni dettaglio, e in quel momento mi sembra anche di capire di cosa non stavano parlando, poi lei trova quel che stava cercando e lui distoglie lo sguardo, incrocia il mio senza però vedermi. Per me si sta facendo tardi, vorrei avvicinarmi e ringraziarli perché a loro insaputa mi hanno dato due minuti di tranquillità, come guardare un lago dove i pescatori gettano le lenze senza attendersi nulla, ma se lo facessi ovviamente mi prenderebbero per pazzo, così mi alzo sentendo tirare tutti i muscoli delle gambe, vedo un piccolo animale nero muoversi veloce a metà strada tra me e lui che adesso sta dicendo qualcosa sui gestori telefonici, ho l’impressione che abbia visto quello scarafaggio e stia facendo in modo di non farlo notare a lei, per non farla alzare di corsa da quegli scalini di marmo sporco che circondano la piazza. Il semaforo è rosso, guardo che ore sono, tra poco arriverà il verde.

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