Just a day off
Forse i giorni di ferie migliori sono questi, quelli imprevisti e non istituzionali. Quelli dove affronti gli scatoloni di tanti traslochi di ufficio, e ti trovi immerso in vecchie agende e biglietti da visita e nomi che solo in parte sono sopravvissuti al tempo. Quelli nei quali ti impolveri fino al midollo, e rifai scatoloni da portare in discarica. Quelli che ormai sono a cinque minuti, vado a mangiare al laghetto dei pescatori – e non trovi solo i pensionati con la pelle arrossata dal primo sole vero della stagione, ci sono i camionisti, e gli operai della zona, perché vuoi mettere mangiare stando all’ombra e guardando l’acqua azzurra della cava. Quelli che vedi il grano, le balle di fieno, e l’erba ancora verde di tutta la zona agricola che circonda la città. Quelli che se non ricordo male qui c’è la stradina che passa tra i campi e arriva a Gaggiano, giù i finestrini e quando arrivano quei tre secondi infiniti di “down in Jun-gle-land” portare il volume al massimo e tenere il tempo con la mano. Quelli che le puttane con l’ombrellino giallo, e il Naviglio Grande scorre sotto i ponti dai quali i ragazzi si tuffano in estate per farsi vedere da quelle con le quali ci stanno provando. Quelli che al resto ci pensiamo domani.