Da sveglia
Chissà quando si è addormentata. Fino a poco fa sentivo la sua voce, lì sulla mia destra, sull’altro lato del corridoio, vicina al finestrino dal quale adesso si vede Orvieto. Un bell’accento napoletano, con quel modo tutto loro che hanno di dire “scemo” e un vocabolario da ragazzina fuori tempo massimo. Lavora nella moda, qualunque cosa questo voglia dire, e sta tornando a casa a fare un colloquio – così dice. Ha organizzato la serata, quando ho finito ti messaggio, ma giura che sei in macchina con R., ma io lo adoro, passamelo che lo saluto. Poi, appunto, si è addormentata. Bella donna, bionda naturale, elegante, curata senza eccessi. La testa le cade un po’ sulla sinistra, e nel sonno le viene una smorfia strana, la bocca che è rimasta sorridente per due ore si chiude, si aggriccia, per qualche minuto pare avere molti più anni di quelli che mostra da sveglia. Non emette suoni, non le si appesantisce il respiro, le mani restano perfettamente appoggiate su un ginocchio, eppure improvvisamente si imbruttisce come se la bellezza fosse il risultato di una grande e costante opera di controllo, quello che non riesce a esercitare mentre dorme. Quando ripassa il controllore lei avverte uno spostamento, riapre gli occhi e d’incanto ritorna quella che era quando siamo partiti da Milano; guarda il display del telefono, getta un’occhiata fuori dal finestrino, passa un dito svogliato sulla prima pagina di Repubblica e sorride, perfetta.