Greetings from Sheffield – Green door, Row F, Seat 1 (un pomeriggio al Crucible)
E quando mi sono seduto in mezzo a signore dai capelli argentati ed energumeni appena tirati fuori da un pub, quando ho avuto il verde del tavolo così vicino che mi pareva di poterlo toccare e ho guardato prima Ali Carter e poi Mark Selby chinarsi per iniziare una partita che sarebbe andata avanti per otto ore lungo due giorni, quando ho sentito il suono della stecca che colpiva la biglia – uno dei pochi suoni che potrei riconoscere ovunque, a occhi chiusi -, in quel momento ho capito perché amo lo snooker, lo amo perché all’inizio sembra tutto in ordine, con le biglie rosse chiuse in un triangolo perfetto e quelle colorate al loro posto sugli spot, e poi bastano due tiri e tutto si incasina, a volte le macchie di colore si sparpagliano su quel tavolo enorme e sembrano lontanissime e irraggiungibili, altre volte se ne stanno attaccate a gruppetti come ragazzine di tredici anni e sembra non esserci verso di staccarle, e ci sono quelle che si isolano e si attaccano a una sponda, quelle che hanno i rimpalli maligni che ti rimandano lontano e insomma per alcuni lunghissimi minuti la sola cosa che hai in testa è cercare di capire come venirne fuori senza troppi danni e ti pare di non avere speranza e a volte è proprio così, non c’è speranza, non ce la fai, altre volte invece con un misto di pazienza e fortuna e bravura e errori altrui ce la fai, ce la fai mandando in buca una rossa dopo l’altra, e una colorata dopo l’altra anche se queste ritornano sul tavolo a darti fastidio, ce la fai pensando al tiro che stai per fare e a quello che verrà dopo e forse anche a quell’altro perché non puoi vivere completamente alla giornata, ce la fai facendo spazio, facendo pulizia – dicono proprio così, cleaning the table – e alla fine vinci facendo il vuoto e quello che rimane è un prato verde, vuoto, e libero, e forse in quell’aver spazzato via tutto (e in quell’essere stati spazzati via del tutto, quando le cose non sono andate per il verso giusto) c’è una delle lezioni di questo gioco magnifico, e di questo pomeriggio al Crucible.