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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    27/05/2015

    E invece

    Filed under: — JE6 @ 17:16

    Ci sono posti che non riesci a immaginarti diversi da come li hai visti, nemmeno se ti sforzi. Ho perso il conto di quante volte sono stato nella Grand Place di Bruxelles ed è sempre stato un luogo bello, pieno di una strana calma anche quando era pieno di turisti o quando cadeva una pioggia feroce. E pure lo stadio della città, quello che una volta era l’Heysel e adesso porta il nome di un re, visto in un giorno di novembre, anche quello: sta al limitare di un parco, grande verde e tranquillo come può essere un parco belga, e fai fatica a vederci i morti, il sangue, i poliziotti a cavallo che non sanno cosa fare, gli ubriachi e tutto il resto. Non sembra possibile, semplicemente. E invece.

    19/05/2015

    Il lusso degli altri

    Filed under: — JE6 @ 14:03

    Ieri mi hanno fatto fare un giro nelle suites di un albergo che verrà. Un albergo con tante stelle, che sta in un posto molto, molto bello. Almeno per me, si intende: de gustibus eccetera. E’ strano avere a che fare con il lusso degli altri, perché a pensarci bene il punto non è il lusso – cioè quell’insieme di cose che tu non puoi permetterti – ma sono gli altri. Non so chi spenderà qualche migliaio di euro a notte per quei letti, quegli schermi, quelle poltrone, quelle docce, quei colori: posso immaginarlo, parlando di categorie sociali, ma non li conoscerò. E questo me li renderà sostanzialmente accettabili, perché indifferenti nella loro lontananza. E’ il lusso di chi conosci, quello che ti mette davvero alla prova: ieri passavo tra queste camere provando quasi null’altro che ammirazione, la stessa che avrei provato davanti, non so, a un magnifico quadro del Seicento olandese; ma non sono così sicuro della nobiltà delle mie sensazioni se una di quelle porte mi fosse stata aperta da qualcuno di conosciuto, di più o meno vicino alla mia vita. Il fatto è che tutti vogliono viaggiare in prima, ma i posti si esauriscono in fretta.

    Poi, tornando a casa in metropolitana, mi chiedevo se quello che avevo visto era davvero “bello”: in che senso, secondo quali parametri, e se questi sono abbastanza corrotti da farmi dire ooohhh davanti a qualcosa di cui non sono più capace di riconoscere la eventuale pacchianeria. Ma nessuno è buon giudice di se stesso, e ho lasciato perdere – faceva fin troppo caldo per certi pensieri.

    10/05/2015

    E però, il leggere

    Filed under: — JE6 @ 22:16

    Ieri ho passato buona parte della giornata con i miei: succede, quando pezzi di famiglia si riuniscono per i funerali. Tornando dalla Toscana mia mamma ha tirato fuori il Kindle cercando qualcosa di nuovo da leggere – i nostri viaggi, da buoni nuragici, non sono esattamente all’insegna della conversazione torrenziale. E però, il leggere. Non ho moltissimi ricordi di quando ero piccolo, diciamo il minimo sindacale. Ma il primo, e nitidissimo, ha proprio a che fare con lei, con mia mamma, e con delle pagine da sfogliare. Lei sta lì, seduta vicino a me che avrò quattro anni, e mi sfoglia e mi legge un Topolino. Ne posso quasi sentire la voce. Mi piace pensare che un po’ di cose mia madre me le abbia insegnate, ma mi piace quasi di più credere che una cosa l’abbia seminata – il piacere di leggere, appunto – e poi l’abbia innaffiata e coltivata ogni giorno che abbiamo passato insieme, senza forzarla, accompagnandola silenziosamente come si fa girando una pagina dopo l’altra: che è quello che le ho visto fare sempre, tutti i giorni, l’ho sempre vista leggere, quasi qualunque cosa, i libri in milanese di Carlo Porta – lei che veniva dalla Sardegna più profonda e lì riusciva a capire l’anima e la cultura dei vicini di casa che l’avevano accolta come una figlia e che erano i prototipi degli ambrosiani veri, quelli col cuore in mano come nel più trito dei cliché – e romanzi e il quotidiano e non so cos’altro ancora. Ci siamo scambiati un po’ di titoli mentre salivamo sulla Cisa, hai letto questo, sì, e quest’altro, sì, chissà cosa ci trova la gente in quello lì che era da Fazio l’altra sera, prova Soriano, va bene, poi ci siamo fermati per un caffè e poi siamo arrivati a casa e poi mi sono seduto sul divano a riposare un po’, in compagnia di un Primo Levi che chissà, senza mia mamma e la sua quinta elementare non sarebbe mai stato così importante per me.

    04/05/2015

    Pulizie di primavera (le cose, a volte, sono semplici)

    Filed under: — JE6 @ 17:12

    Ieri ho fatto una cosa che ha sorpreso anche me (e soprattutto la mia schiena con relativa ernia: durante l’ultimo paio d’anni abbiamo avuto un rapporto complicato, per così dire): ho preso la metro, sono andato in Piazzale Cadorna, mi sono fatto dare un paio di guanti, una tuta, un raschietto, poi ho seguito il corteo che guidato dal sindaco è arrivato fino alla Darsena, all’altezza di via De Amicis sono tornato indietro e mi sono unito a un gruppo di ragazzi che si era messo – come centinaia di altri – a pulire un pezzo di muro riempito di scritte No Expo e per un’ora ho sudato sopra quindici centimetri quadrati di marmo. Di manifestazioni in vita mia ne ho fatte pochissime, e paradossalmente in età matura: ai tempi in cui entravamo a scuola passando fra sei celerini armati di tutto punto i cortei per piazza Fontana o per Fausto e Iaio me li saltavo senza grandi rimpianti: non mi ci trovavo: non nelle idee, ma nel modo di fare, di esprimerle. Camminando lungo via Carducci mi era ben chiaro che stavo facendo una serie di cose discutibili: stavo partecipando a uno spot del sindaco, con la sola consolazione che a oggi quest’ultimo risulta dimissionario e quindi lo spot stesso va a costruirne la fama imperitura ma non la rielezione, stavo camminando insieme ai radical chic alla Vecchioni, stavo contribuendo a rafforzare il primato del centro sulle periferie, mi stavo unendo al coro della devastazione sapendo che le devastazioni vere hanno altra intensità, e cose del genere. E allora perché stavo lì? Perché le cose, a volte, sono semplici: perché c’è qualcosa che, con tutti i suoi difetti, è e senti come casa tua. E per casa tua fai tante cose: tra queste, la pulisci quando è sporca; a maggior ragione quando qualcuno viene da fuori e la sporca e la rompe senza ragione (ma anche se una qualsiasi ragione la avesse). E’ un gesto piccolo, al quale non dai nessun altro significato se non quello più evidente: un po’ di cura per qualcosa a cui tieni. Un gesto che non cancella gli altri problemi di quella casa, gli infissi scrostati, le file al “Pane Quotidiano”, le grondaie bucate, i campi nomadi: non li cancella e non li risolve. Ma un gesto buono in più per me è sempre meglio di un gesto buono in meno, anche quando farlo vuol dire correre il rischio di sembrare (e, chissà, essere) l’utile idiota: perché c’è qualcosa di buono “dentro” quel gesto, che ogni tanto conta almeno quanto il suo risultato concreto: non sono sicuro che ieri non abbiamo fatto dei danni, non c’era nessuno che ci diceva se quel pezzo di muro sul quale ci accanivamo lo stavamo danneggiando più dei Black Bloc. Ma sono sicuro che abbiamo fatto qualcosa di buono per la città nella quale viviamo e abbiamo fatto qualcosa di buono per noi stessi, qualcosa che ci ha fatto ricordare che certi gesti dovremmo farli più spesso e no, ovviamente non parlo delle pulizie di primavera. Alla fine c’è il rischio di rendersi conto che il benaltrismo serve a ricordare l’esistenza di tanti altri grandi problemi ma anche a darci una comoda scusa per fermarci un passo prima, c’è il rischio di rendersi conto che non è così difficile fare una piccola cosa buona, c’è il rischio di vedere con i propri occhi che le cose, a volte, sono semplici.

    01/05/2015

    Giorni come oggi

    Filed under: — JE6 @ 21:40

    Vivo a due passi da Expo; e che i suoi lavori, ciò che li ha guidati, in alcuni casi ciò che li ha motivati in origine non fossero di gradimento di molta gente, per usare un eufemismo, è una cosa che so bene. Per dire, io e tutti quelli che vivono nella manciata di vie che costruisce il mio quartiere abbiamo visto per nove mesi dodici poliziotti comandati a presidiare ventiquattro ore su ventiquattro i cantieri delle vie d’acqua proprio perché quello era un lavoro preso a simbolo di tutto ciò che di questa manifestazione non andava a genio a tanta gente. Ci sta, non si può essere tutti d’accordo: ci hanno insegnato – con ragione – che il 100% di consensi non esiste in natura, e che è un bene che sia così. Ci hanno anche insegnato che uno dei valori del nostro modo di stare al mondo è quello di dare voce a tutti, ed è quello che, talvolta turandoci il naso, cerchiamo di fare tutti i giorni. In modo imperfetto, ci mancherebbe. Ma ci proviamo. Oggi a Milano c’è stata una manifestazione – si dice che fossero ventimila persone: tante? poche? in fondo non importa – di protesta contro Expo. Una manifestazione come molte altre che sono state fatte in questi anni e in questi mesi: un diritto, che come tale è stato garantito, autorizzando spazi e mettendo in strada centinaia di poliziotti e carabinieri che controllandola la proteggessero e viceversa. E’ stato per garantire questa manifestazione di protesta che si è permesso ai Black Bloc di fare quello che hanno fatto e che abbiamo visto e sentito: non poteva essere diversamente. Succede sempre così, ed è giusto che succeda. E’ giusto che si continui a rischiare pezzi di sicurezza e di incolumità per non perdere qualcosa di più importante: una certa idea di libertà, della quale siamo spesso inconsapevoli, e il rispetto per noi stessi come società. Dove stia il limite, fino a che punto ci si debba spingere per consentire l’espressione di tutti questo non lo sa davvero nessuno. Non è definito, anche se questo non vuol dire che non esiste. Ogni giorno proviamo a definirlo, e pure questo fa parte del gioco, ne è parte integrante. Cambiando idea ogni giorno, va detto. E pure questo, eccetera. C’è un valore in questo, proprio in questo decidere e tornare indietro sulle nostre decisioni. Così guardiamo alle macchine incendiate con la rabbia sconsolata di chi sa che quello è un prezzo che non possiamo evitare di pagare; se il prezzo sia troppo alto non si può dire, perché appunto non sappiamo dove fermare l’asticella. Ognuno ha la sua opinione in merito, e ha il diritto di esprimerla. Anche quando dice ah ma se fosse per te allora oggi si potrebbe rifare la Diaz, mostrandosi in tutta la propria ineffabile disonesta pochezza. Funziona così, funziona che forse è proprio in giorni come oggi che dovremmo essere più orgogliosi di ciò che siamo.