< City Lights. Kerouac Street, San Francisco.
Siediti e leggi un libro

     

Home
Dichiarazione d'intenti
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

Talk to me: e-mail

  • Blogroll

  • Download


    "Greetings from"

    NEW!
    Scarica "My Own Private Milano"


    "On The Blog"

    "5 birilli"

    "Post sotto l'albero 2003"

    "Post sotto l'albero 2004"

    "Post sotto l'albero 2005"

    "Post sotto l'albero 2006"

    "Post sotto l'albero 2007"

    "Post sotto l'albero 2008"

    "Post sotto l'albero 2009"

    "Post sotto l'albero 2010"


    scarica Acrobat Reader

    NEW: versioni ebook e mobile!
    Scarica "Post sotto l'albero 2009 versione epub"

    Scarica "Post sotto l'albero 2009 versione mobi"

    Scarica "Post sotto l'albero 2010 versione epub"

    Scarica "Post sotto l'albero 2010 versione mobi"

    Un po' di Copyright Creative Commons License
    Scritti sotto tutela dalla Creative Commons License.

  • Archives:
  • Ultimi Post

  • “State andando in un bel posto, credimi”
  • Like father like son
  • A ricevimento fattura
  • Gentilezza
  • Il giusto, il nobile, l’utile
  • Mi chiedevo
  • Sapone
  • Di isole e futuro
  • Sulla mappa
  • Nulla da vedere
  • December 2018
    M T W T F S S
     12
    3456789
    10111213141516
    17181920212223
    24252627282930
    31  

     

    Powered by

  • Meta:
  • concept by
    luca-vs-webdesign

     

    26/12/2018

    Always on

    Filed under: — JE6 @ 17:54

    E’ la mattina di Natale. Controllo il telefono, scorro gli auguri, rispondo. Rimane una notifica. Guardo la preview: consigli su come usare al meglio un tool di fatturazione elettronica. Ora, sono abituato da fin troppo tempo all’always on, non più tardi di ieri mattina ho passato due ore quadrangolando con una inglese in Sudafrica, il suo capo portoghese a Londra e un partner a Bergamo – e forse me lo potevo risparmiare, almeno per non far suonare più ridicolo del dovuto il mio out of office; da una vita ho a che fare con clienti che – essendo, appunto, clienti – pensano che pagare una fattura giustifichi e consenta qualsiasi richiesta in qualsiasi momento e sempre durante la stessa vita ho capito che se hai a che fare con svedesi e tedeschi e inglesi e sloveni e cinesi dovrai imparare a ricordarti la Pentecoste e l’inizio dell’anno del cavallo e l’anniversario dell’incoronazione della regina e rassegnarti all’irrilevanza del Ferragosto. Ma Natale è Natale circa dappertutto, no? Natale è almeno una tregua, anche nella mangiatoia si son fermati un attimo a guardarsi in faccia e prendere respiro. E invece, i consigli per la fatturazione elettronica. Dice: era un invio programmato per un martedì, un normale giorno feriale, lavorativo, imposta la ricorrenza e via; lo so, succede, non è la fine del mondo, non ho aperto la mail, ho rimandato la mia edificazione professionale a un altro giorno, nessuno si è fatto male – poi guardo tutti quelli che hanno sentito la necessità di farci sapere che l’anno prossimo lavoreranno insieme e sicuramente raggiungeranno nuovi e scintillanti traguardi, che fra due settimane inizierà un imperdibile corso, che è stata pubblicata un’imprescindibile intervista sulle prospettive del distretto industriale, e non sono più così sicuro che nessuno si sia fatto male per davvero.

    19/12/2018

    In famiglia

    Filed under: — JE6 @ 09:36

    E così finisce che, per un caso del destino, in due giorni ti trovi a passare del tempo – tanto, poco: non conta così tanto – prima in una casa famiglia che ospita bambini che il Tribunale dei minori ha temporaneamente tolto alle loro famiglie e poi in un centro Sprar, uno di quelli che ospita e cerca di introdurre nella cosiddetta vita normale ragazzi in attesa dell’asilo politico. Non hanno molto in comune – età, provenienza, lingua, colore della pelle – se non una cosa, e però fondamentale: sono lontani, per chissà quanto, così tanto che nessuno vuole pensarci davvero, dalla loro casa e dalla loro famiglia. I bambini da quella casa e da quella famiglia sono stati tolti, nella speranza di toglierli da violenze e abusi e trovargli un futuro migliore di quello che sembrava disegnato. I ragazzi da quella casa e quella famiglia se ne sono andati, nella speranza di togliersi da povertà, guerre, persecuzioni e trovarsi un futuro migliore di quello che sembrava disegnato. E ora sono lì, a dieci o diecimila chilometri da dove sono nati e cresciuti, a cercare per quanto possono di fare una vita normale. Normale: né lavori da biglietti da visita pieni di parole inglesi né viaggi scintillanti né telefoni che sfamerebbero un intero villaggio, solo una casa con l’albero e le sue palline, una coperta colorata, un divano magari un po’ sfondato ma comodo, e qualcuno che ti sta vicino per davvero, che sei contento di vedere e salutare quando rientri dopo la scuola o il lavoro o la ricerca dello stesso, qualcuno che ti vuole bene, fosse anche per lavoro. Quello che vogliamo tutti, quello che dovremmo volere tutti non solo per noi stessi. Quello che abbiamo nascosto in bella vista sotto gli occhi e buttiamo via in nome di quanto è bello essere brutte persone che devono sopportare famiglie disfunzionali e falsi amici. Sono lì, e tu per un caso del destino (anche se poi i casi te li devi un po’ andare a cercare, te li devi costruire, te li devi forgiare) stai in mezzo a loro, loro che ti ringraziano per esserci e tu che non trovi le parole per dire che no, guarda, davvero, grazie a te, grazie a voi.