Dove troviamo binari
Se dovessi dire che mi ricordo perché ho aperto questo blog mentirei, ed è abbastanza probabile che se anche andassi a recuperare il primo dei quattromilaquattrocentoottantotto che ho scritto prima di questa non capirei cosa volevo dire e cosa avevo in testa.
Comunque. Oggi sono diciotto anni, che in qualunque modo si voglia guardare la faccenda sono tanti, se non addirittura troppi. E’ veramente passata una vita; anzi: più di una, e ogni tanto quegli anni li sento, a volte solo un po’ e altre un po’ di più. Però è giusto che sia così, ed è pure un bene, perché se li senti significa che ci sono stati come i chilometri nei muscoli delle gambe o nelle gomme della macchina. Che cosa viene dopo, vai a saperlo: perché alla fine aveva ragione il macchinista russo che, fermo nel mezzo di una delle sterminate pianure ucraine, rispose a Primo Levi che gli chiedeva dove diavolo stavano andando con quel treno arrancante e carico di ogni tipo di umanità: “Dove andiamo domani? Non lo so, carissimi, non lo so. Andiamo dalla parte dove troviamo binari”.