Mare mosso senza onde
Un paio di giorni fa mi arriva una telefonata all’inizio del pomeriggio. E’ un cliente/fornitore/amico, uno di quegli ibridi che anni di lavoro creano quasi involontariamente e senza che uno se ne renda conto per davvero. Mi chiama per avvisarmi di un problema, che sembra essere piuttosto grosso. Fammi sapere, mi dice (e lo fa con il tono di chi è dalla tua parte, se posso ti do una mano: che è una cosa importante, ma è un’altra storia). Inizia una sarabanda di controlli, verifiche di tracciati, studi di soluzione, calcoli di penali. Poi uno di questi controlli fa pensare che forse l’errore non è stato fatto qui ma là, in Polonia, dove è partita la segnalazione: anzi, forse proprio non c’è un errore se non tanto piccolo da non poter essere nemmeno considerato tale. Richiamo il cliente/fornitore/amico: fai controllare questo e quest’altro, forse la mettiamo a posto, forse non c’è nemmeno nulla da mettere a posto. Passano un paio d’ore dove mi occupo di quel che stavo facendo prima della telefonata, poi squilla ancora il telefono: avevate ragione, tutto a posto, si erano sbagliati, a parte le quattro ore che abbiamo buttato via tutto è bene quel che finisce bene.
Mentre torno a casa e sono fermo a un incrocio faccio un involontario bilancio della giornata e la sensazione di scampato pericolo mi sembra essersi bizzarramente trasformata in quella di soddisfazione, come se avessimo portato a casa un successo semplicemente lavorando come forsennati per riportare il segnaposto alla casella di partenza senza alcuna penalità. Mi viene da pensare a quante energie mettiamo, tutti senza eccezioni, solo per tenere in piedi la baracca – quella professionale, quella della vita privata, quella della vita sociale: manutenzione ordinaria. Quanto lavoro c’è, quanto impegno viene profuso per far andare avanti le cose lasciandole lì al loro posto. Quanto sono agitate le acque sotto la superficie piatta dello scampato pericolo.
October 29th, 2021 at 11:44
Mi fa piacere che hai cancellato tutti i miei post e uno tuo e andato in bacheca…
Mi reputo un ragazzo fortunato e utilizzo il termine ragazzo perché come anni ho scoperto solo di recente di essere sotto la media italiana e certamente non mi posso considerare un milleniam anche se ho festeggiato capodanno all estero nel 31 Dicembre 1999…mi fa piacere raccontare due annedoti di noi ragazzi degli anni 90…
Tra i 14 e i 16 anni i miei mi portano a Montecarlo per vedere il Granpremio….ricordo la noia dei due tre giorni e non mi ricordo i grandi nomi…
Ai tempi il Granpremio coincideva con il festival di Cannes…
Io e mia sorella usciamo di sera per la “Via degli inglesi” e vedo un uomo che mi guarda negli occhi in giubbotto di pelle e credo di riconoscerlo…Mia sorella si gira e mi dice…
” Hai visto chi era? Rubert Evert….
Io allora leggevo Dylan Dog e Joe bar ….
Adesso ho una vecchia macchina e una moto gialla usata con cui mi sento libero quasi al 100 % e non mangio pesce…Ma mi ricordo che faceva strano vederlo a Maggio in giubbotto di pelle scusandomi la battuta
Ma ricordo nel 1995 a 17 anni prima di avere un incidente motociclistico che mi ha permesso di fare ” diciamo un giro in elicottero” su una veramente piccola isola.
Per me era usuale vedere in cielo la Via Lattea ogni sera e innamorarsi con una sguardo sognando una vita insieme che non avremmo mai conosciuto….Solo sapendo di essere in “Sintonia”..
Oggi ho una casa in affitto, pochi soldi anche perché non saprei che farne se ne avessi di più e vedo sia il tramonto che l’ alba ogni giorno ma il momento più bello è in balcone, fumarsi una sigaretta guardando le stelle di un cielo sereno aspettando le luci dell alba con serene nuvole…..