Non so, forse avete anche voi questa sensazione, quella di non aver mai tempo per pensare. Lo spero, ecco, giusto per condividerla. Io ce l’ho. Tanti miei colleghi ce l’hanno. La provano moltissime persone con le quali parlo per motivi professionali. E per non sentirci soli – mal comune eccetera – ce lo diciamo: siamo sempre di corsa, sembra sempre (e forse è così: chissà) che le incombenze siano mille e una e che non ci sia mai il tempo per farle tutte, figuriamoci per avere una riserva, mezza giornata, mezz’ora per non fare nulla se non pensare. E allora non riesci mai a progettare, a guardare più avanti di domani, della prossima settimana, come se il futuro si annullasse: gli allenatori che dicono “non pensiamo al campionato, affrontiamo una partita alla volta, l’unica cosa che ci interessa è la prossima gara”.
Non so, forse avete anche voi questa sensazione. Io ce l’ho, dicevo, ma oggi, mentre percorrevo il breve rettilineo che passa davanti al Parco delle Cave – una cosa da trenta secondi, non molto di più, forse di meno – mi è venuto il sospetto che le cose non stiano proprio così. In realtà io penso continuamente. Non dico che penso troppo, che è una frase un po’ scema: dico che passo molto del mio tempo a pensare. Come chiunque altro, perché mica ne puoi fare a meno. Penso alle cose di lavoro, a quelle di famiglia, a desideri, progetti, libri, viaggi, problemi, salute, risultati sportivi, politica. Ho il cervello sempre in movimento: e non lo dico per vantarmi, davvero è per tutti così. E’ che non mi prendo il tempo per pensare a una cosa. Per mettermi lì e sminuzzare, dissezionare, muovermi dal punto A al punto B e poi fermarmi a considerare cosa succederebbe, cosa vorrebbe dire andare verso C oppure D, scendere in profondità. Perché in fondo alla gente della mia età è questo che hanno insegnato: che pensare significa fare quello, andare in profondità, dedicarsi a qualcosa per il tempo e con le risorse mentali che servono per considerare quel qualcosa puntando al suo nocciolo. Ce l’hanno insegnato ma poi arriva altra gente, le cose cambiano, noi cambiamo con loro: e arriva un giorno che ti rendi conto che non è che non hai il tempo per pensare. E’ che pensi in un altro modo, più veloce e superficiale perché ti muovi sulla cresta delle cento cose che fai, che devi fare, che vuoi fare: percorri la stessa quantità di strada, solo che non scavi: pattini, e vedi il mondo in un modo diverso. Migliore o peggiore, forse questo è chiedere troppo.