< City Lights. Kerouac Street, San Francisco.
Siediti e leggi un libro

     

Home
Dichiarazione d'intenti
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

Talk to me: e-mail

  • Blogroll

  • Download


    "Greetings from"

    NEW!
    Scarica "My Own Private Milano"


    "On The Blog"

    "5 birilli"

    "Post sotto l'albero 2003"

    "Post sotto l'albero 2004"

    "Post sotto l'albero 2005"

    "Post sotto l'albero 2006"

    "Post sotto l'albero 2007"

    "Post sotto l'albero 2008"

    "Post sotto l'albero 2009"

    "Post sotto l'albero 2010"


    scarica Acrobat Reader

    NEW: versioni ebook e mobile!
    Scarica "Post sotto l'albero 2009 versione epub"

    Scarica "Post sotto l'albero 2009 versione mobi"

    Scarica "Post sotto l'albero 2010 versione epub"

    Scarica "Post sotto l'albero 2010 versione mobi"

    Un po' di Copyright Creative Commons License
    Scritti sotto tutela dalla Creative Commons License.

  • Archives:
  • Ultimi Post

  • “State andando in un bel posto, credimi”
  • Like father like son
  • A ricevimento fattura
  • Gentilezza
  • Il giusto, il nobile, l’utile
  • Mi chiedevo
  • Sapone
  • Di isole e futuro
  • Sulla mappa
  • Nulla da vedere
  • April 2016
    M T W T F S S
     123
    45678910
    11121314151617
    18192021222324
    252627282930  

     

    Powered by

  • Meta:
  • concept by
    luca-vs-webdesign

     

    28/04/2016

    Quello che non c’è

    Filed under: — JE6 @ 17:13

    L’ho vista per mesi, ogni volta che passavo in piazza Duomo. Stava sempre nello stesso posto, lo stesso quadrato di marmo, un metro per un metro e lei in mezzo come un albero in un’aiuola qualunque tempo facesse, con un cappotto viola e i capelli grigi e sporchi, in piedi, lo sguardo fisso verso chissà dove – il monumento equestre, la fila dei taxi, non so. Non parlava con nessuno, non chiedeva la carità, non faceva niente che non fosse stare ferma in un angolo di una piazza enorme affollata in ogni minuto della giornata da migliaia di persone come se fosse vuota. Dopo un po’ ci ho fatto l’abitudine, come tutti. Come se fosse un pezzo dell’arredo urbano, per quanto orribile sia anche il solo pensare una cosa del genere. Poi è sparita, per giorni e settimane e mesi, il primo giorno ci ho fatto caso (è incredibile quanto sia più facile notare ciò che non c’è), il secondo pure, il terzo un po’ meno, poi basta; non credo di essermi fatto molte domande. Poi è tornata. Per un giorno solo, con gli stessi capelli e vestiti diversi ma ugualmente stazzonati – d’altra parte se sei una senza casa cosa pretendi. Aveva anche lo stesso sguardo fisso, perso ma concentrato al tempo stesso. Era lei, in tutto e per tutto, solo che questa volta stava là sotto, nella fermata della metropolitana, in quell’angolo che porta ai tornelli arrivando dall’ingresso che sta sulla sinistra guardando il Duomo di fronte, ferma come un albero in un’aiuola e chissà cosa stava guardando, forse la luce in cima alle scale o un cartellone pubblicitario di una fiera o un tour operator. Le sono passato davanti senza fermarmi, provando per un secondo l’ipocrita sollievo di saperla viva, poi ho fatto la seconda rampa di scale, Bisceglie-Rho Fiera da una parte, Sesto F.S. dall’altra. Il giorno dopo non c’era più, l’ho notato, il giorno dopo quell’angolo era ancora vuoto, l’ho notato, il giorno dopo ancora sono passato senza farci più attenzione: io c’ero.

    12/04/2016

    Occhio non vede

    Filed under: — JE6 @ 13:57

    Se Doina Matei non avesse aperto un profilo Facebook e non avesse postato le sue foto, molto probabilmente nessuno avrebbe saputo della sua semilibertà e quindi del suo diritto ad andare al mare come chiunque altro, e lì di farsi e farsi fare foto che la ritraggono sorridente e abbronzata, come chiunque altro che può farsi qualche giorno o qualche ora di vacanza. Perché abbia aperto quel profilo e abbia postato le sue fotografie, è una cosa che a me sfugge: se non lo avesse fatto, la sua vita non sarebbe cambiata di una virgola, la sua semilibertà, il suo obbligo di rientro a una certa ora, la sua possibilità di andare al mare e abbronzarsi. Mi chiedo se lo ha sventatamente deciso da sola o se è stata consigliata, se non ha pensato che avere un diritto (Gad Lerner dice il diritto al sorriso; forse più in generale si potrebbe dire il diritto di avere una vita nei limiti che ti sono consentiti) non significa essere obbligati al suo esercizio completo (che include mostrarla, quella vita) o se qualcuno l’ha spinta per una qualche forma di sfida. Io non so se i nove anni che Doina Matei ha passato in carcere sono tanti o pochi: non so né come li ha passati né come è lei oggi dopo tutto quel tempo. So che ha un diritto, che lo ha esercitato e che è giusto e persino doveroso sostenere questo suo diritto. Non riesco a togliermi dalla testa che questo: mostrarsi, ecco, questo se lo poteva risparmiare (e no, non penso ai familiari della donna che ha ucciso). Non lo ha fatto e non facendolo non ha commesso nessun reato, non ha mostrato nessuna mancanza della legge, non ha fatto da testimonial di alcuna forma di lassismo o di sfregio verso la società civile. Ha solo fatto, sventatamente, una cosa che per puro e semplice egoismo le sarebbe convenuto non fare, mostrando che in fondo il problema non è suo, ma nostro.