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31/08/2005
Ringrazio tutti coloro mi hanno inviato inviti a Google Talk. Vorrei far loro sapere che non li ho ancora importunati perchè il server non mi autentica – Dio solo sa perchè. Anzi, any suggestion?
Ma voi lo sapete quali sono i criteri per nominare una città “capitale europea della cultura“?
Io mi aspettavo che il luogo in questione avesse dato i natali a decine o centinaia di illustri scrittori, scultori, pittori, cineasti, fosse sede di prestigiose università o di rilevanti centri di ricerca, cose così. Dopo tutto, il titolo di Capitale non lo si può mica dare a casaccio.
Invece, leggiucchiando qui e là, ci si rende conto che la C.E.C. è una clamorosa marchetta, che premia di volta in volta un paese europeo predefinito secondo un rigido criterio di rotazione (per dire, l’Italia sarà nuovamente “premiata” nel 2019); in poche parole, il logo della C.E.C. non è altro che un’edizione di portata continentale di “Sereno Variabile” – e, d’altra parte, perchè stupirsene, se la Decision 1419/1999/EC dice, al punto 4, che a study which has been carried out into the results achieved by European Cities of Culture shows that the event has a positive impact in terms of media resonance, the development of culture and tourism and the recognition by inhabitants of the importance of their city having been chosen.
Così, quest’anno la Capitale Europea della Cultura (le maiuscole sono volute, sia chiaro) è – nientemeno – Cork. E, udite udite, nel 2008 sarà Liverpool: che magnificherà il proprio contributo alla cultura continentale costringendo la Banca d’Inghilterra a stampare questo obbrobrio.
European Capitals of Culture, Cork 2005, Repubblica.it
Succede sempre così, no? Le cose che ti riguardano direttamente, che ti toccano di persona sono sempre quelle più importanti. E allora, anche se Katrina non è (ancora?) la biblica catastrofe che viene dipinta dai nostri ansiogeni mass-media, mi intristisco seriamente nel vedere il French Quarter sotto un metro d’acqua, il Mississippi prendere il colore sporco di tutte le esondazioni, il Dome scoperchiato. Se questa cosa fosse capitata a San Diego mi sarebbe importata di meno, questo è certo. Purtroppo.
Greetings from New Orleans 2, 3, 4, 5, 6, 7
30/08/2005
Siccome al masochismo non c’è limite, sto realizzando che non solo non mi piace il nome che mamy&papy mi hanno affibbiato (questo lo so da più di trent’anni, diciamo), ma che non mi piace più nemmeno il nome che mi sono scelto da solo – quello del blog, zucconi.
Sei un arbitro.
Mestiere infame, certo. I tuoi errori non dipendono mai da incapacità o sfortuna, bensì da disonestà. Mestiere per fare il quale devi essere innocente e illibato, altrimenti ci sarà sempre, ogni volta che soffi dentro il fischietto, qualcuno che penserà che sei un ladro o una puttana.
Sei un arbitro. Ti capita un’occasione alla quale è difficile dire di no; un milione di euro. Ora, tu non guadagni poco, ma un milione è un milione. Quindi, cosa fai? Accetti, naturalmente. Dovrai soltanto dire che quella macchina di quella casa automobilistica è un gioiello. Sarà mica un crimine, santiddio.
Peccato che quella casa automobilistica versi anche un bel po’ di soldi nelle casse di una delle squadre che tu dovresti giudicare, proprio per fare la stessa cosa che chiede a te di fare: dire che le sue macchine sono un gioiello, portare per il mondo il vangelo del suo marchio.
Si può immaginare che quella casa automobilistica sarebbe felice se quella squadra vincesse lo scudetto. E tu, magari, ti potresti trovare nella condizione di fischiare contro gli interessi di quella squadra e quindi, guarda il caso – la sfortuna nera, diamine – contro gli interessi di quella casa automobilistica che ti versa sul conto corrente quanto? ricordami un po’? un milione di euro? Ecco.
Qualcuno ti fa notare che insomma, la morale e il buon gusto saranno anche andati a puttane in questo paese – e chi potrebbe dire il contrario? – ma così non si fa, soprattutto in un paese dove si bloccano i traghetti e si accerchiano i tribunali se si osa toccare la squadra di calcio del cuore.
Ma tu, no: fermo, rigido, monumento all’onestà. “Un arbitro deve essere creduto“, dici. E lo dici con voce commossa. Sai, viene in mente quella canzone, la conoscerai anche tu: non è mica da questi particolari, che si giudica un giocatore.
E poi, la ciliegina sulla torta: “Alla fine abbiamo perso tutti“.
‘Scolta, Pierluigi: considerando che tu il milione di euro te lo sei comunque fatto accreditare, non c’è modo di far perdere qualcosa anche a me?
Repubblica.it
29/08/2005
Sono l’unico che, guardando le riprese delle proprie vacanze, sente il forte bisogno di usufruire dei servigi di un bravo montatore, per non provare la bruciante sensazione di essere protagonista di una vita piatta e noiosa? Oppure, il cinema è bello proprio per questo – perchè in due ore mette dentro solo il puro distillato (via la testa, via la coda) e fa dimenticare che gran parte della vita è davvero piatta e noiosa?
La cosa più preoccupante del costante girovagare di Giuliano Ferrara da una fede all’altra è che, rimanendo coerenti con se stessi (per pigrizia o per convinzione, poco importa) oppure muovendosi con un lieve ritardo, prima o poi è sicuro che ce lo si ritrova come compagno di strada.
28/08/2005
Il sole
I bambini che ridono
I bambini che piangono
I libri
Le tette grosse
Le onde grosse
I padri troppo giovani
Le due anziane sorelle
La luna sulle onde
Il cellulare acceso
Il cellulare che squilla
Il profumo di caffè
Philip Roth
Gli aggettivi di Piperno
Le vergini suicide
Il viaggio di Tabucchi
La casa dei suicidi
Pasta fagioli e cozze
I fiori
La batteria scarica
Gli sms
(Continua? Sì, forse – l’anno prossimo, però)
05/08/2005
Ultimo giorno di lavoro, prima delle ferie. Bisogna stendere l’agenda.
Allora.
Restare in attesa della conferma di un ordine a sei cifre.
Sentire nelle orecchie il ronzio delle imprecazioni dei due colleghi che, a causa di quell’ordine, salteranno le ferie (ho un udito fine, i due sventurati stanno a Torino).
Preparare due ordini a cinque cifre.
Cercare di capire come si importano i tuoi mp3 sull’iPod che ti hanno regalato ieri sera.
Far capire a una tedesca e un’olandese che tu, tra poco, stacchi e no, non lavori per le prossime tre settimane (immaginandosi la loro schifata espressione).
Indossare giacca e cravatta per un appuntamento tanto formale quanto inutile.
Salutare blog e blogger.
Staccare la spina, fino a martedì prossimo, quando sai già che inizieranno ad arrivarti telefonate ogni venti minuti.
Sperare che gli ingorghi autostradali non si protraggano fino a domenica.
Prepararsi alle contumelie della moglie (non vuoi mai andare al mare, e quando ti decidi, dobbiamo fare mille chilometri di strada).
Staccare la spina.
Staccare la spina.
Staccare la spina.
L’ordine a sei cifre è appena arrivato.
Staccare la spina.
[Pausa]
Mandare affanculo Apple, che per l’iPod mini non prevede cavi di alimentazione per ricaricare le batterie, a meno che non si compri un simpatico kit da usare con l’accendisigari della macchina.
Staccare la spina.
Pausa
Rendersi conto che il cavo di alimentazione esiste (fantastico, costa solo il 15% dell’oggetto-madre, vabbeh), ma che non sarà disponibile prima della partenza per le vacanze.
Staccare la spina.
04/08/2005
A quanto pare, mia mamma ha imparato a scrivere gli sms; e io credo di essere il primo destinatario: Oggi è una bella giornata, un bacio, mamma. Adesso se ne sta in spiaggia, nella madre patria, e domani festeggerà il suo onomastico. Non so, a me questa cosa fa un po’ tenerezza.
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