Nella bolla
C’è poi un’altra cosa di questi giorni, che immagino siano un po’ così per tutti, giorni nei quali sei costretto a fare o non fare cose e in condizioni che mai avresti immaginato: è il ridefinire comportamenti e sensazioni nel nuovo perimetro di una bolla che potrebbe tranquillamente essere quella dei sedici anni o del villaggio vacanze o della sera della finale dei mondiali; perché altrimenti non si spiegano applausi, striscioni, fratelliditalia e financo cose piccole e private come una birra via Skype che finisce a stornelli d’osteria, tutte fatte in un principio di imbarazzo che vira facilmente nell’oh beh, sai che c’è, ma almeno per oggi chissenefrega. E’ per questo che sospetto di quella specie di ottimismo della volontà che dice quando tutto questo sarà finito avremo imparato questo e quell’altro e saremo migliori, più organizzati, più empatici, più consapevoli, più più più (o meno meno meno a seconda dei punti di vista e dei riferimenti): nella bolla è tutto diverso, noi stessi per primi. Solo pochissimi riescono veramente a imparare nell’eccezionalità, a trovare e tenere buono e far tesoro di quel che sembra valere solo per una settimana in una vita, e ancora meno sono quelli che riescono a trasmettere quella conoscenza che hanno avuto l’abilità e la volontà e la fortuna di trovare nel setaccio dei giorni dentro la bolla: un Primo Levi non nasce tutti i giorni, per intenderci, e pure quando nasce non è detto che venga riconosciuto. Quanto agli altri, che dire: gli altri siamo noi, e basta guardarci allo specchio.