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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    30/06/2004

    Gallina vecchia, eccetera

    Filed under: — JE6 @ 12:29

    Leggendo le avventure di un diciassettenne catapultato a seguire i concerti di alcuni triceratopi del pop/rock/etc degli anni Sessanta e Settanta, mi sono ricordato di aver visto a Berlino le locandine che annunciavano lo show di una tipina niente male: Suzie Quatro, nientemeno. Mi son venute le lacrime agli occhi, ricordando un paio di quarantacinquegiri e le sue apparizioni a Happy Days.
    The Guardian (via Euston Station), Suzie Quatro

    Fa’ la cosa giusta (ma quale?)

    Filed under: — JE6 @ 10:22

    So di non dire nulla di nuovo, sostenendo che la democrazia è il meno imperfetto dei sistemi di governo e di regolazione della vita sociale che l’uomo è stato in grado di mettere in piedi.
    Ciò nonostante, non sono poche le occasioni nelle quali mi viene da pensare che, in nome di espressioni come tutela della libertà personale, libertà di parola e di espressione et similia, il nostro bel mondo occidentale prende la pala e si scava la fossa. Ma ammetto che è facile pontificare senza avere la responsabilità di prendere decisioni che riguardano la vita di tutti, e ammetto che mi vengono i sudori freddi, al solo pensiero di trovarmi al posto di uno dei giudici della Corte Suprema (o della Corte Costituzionale, ci siamo capiti).
    Repubblica.it

    29/06/2004

    Per un pugno di dollari

    Filed under: — JE6 @ 09:01

    Coda ad un semaforo dell’hinterland milanese.
    Davanti a me, un Mercedes Vito, nuovo o quasi. Targa ucraina. La cornice della targa, quella che di solito porta la pubblicità di concessionari od officine, recita “In God We Trust”. La chiamano globalizzazione.

    28/06/2004

    Purple (and Yellow) Rain

    Filed under: — JE6 @ 14:05

    Non starò a tediarvi spiegandovi il perchè, dato che lo potrete scoprire in loco: sappiate che le padrone di casa del MicroBlogGiallo mi hanno eletto “Giallino del Mese”. Qui la nomina, qui il mio coming out.
    MicroBlogGiallo

    On demand

    Filed under: — JE6 @ 08:48

    Sto leggendo una raccolta di racconti edita da Minimum Fax dal non spregevole titolo “Tutta un’altra vita”. Prosatori italiani, Carlotto, Lodoli, Romagnoli, gente così. Anche Tiziano Scarpa, in effetti.
    Ora, il libro nasce su commissione di un grande gruppo assicurativo; ed una volta che lo si sa (cioè, dopo aver letto un terzo dell’introduzione), il titolo prende tutto un altro significato rispetto a quello che era stato capace di evocare ad una prima lettura.
    Si procede, pensando che un buon ottanta per cento dell’arte prodotta negli ultimi cinque millenni è stata commissionata dal mecenate di turno, e ciò non impedisce lo sdilinquimento di fronte alle opere di Leonardo o di Giotto, tanto per fare un paio di nomi.
    Ma, procedendo (premetto: sono a metà del quarto racconto, su sette che compongono la raccolta), ci si trova di fronte ad una sciatteria di scrittura e ad una povertà di trame da lasciare tramortiti. E viene da pensare che c’è modo e modo di guadagnarsi i soldi, e c’è modo e modo di darli. Modi migliori di questo, di sicuro.

    25/06/2004

    La giornata di uno scrutatore

    Filed under: — JE6 @ 16:16

    No, davvero, non vorrei essere nei tuoi panni, domani e domenica, con il corpo trafitto dalle occhiatacce sospettose dei forzitalioti, che inseriscono la scheda nell’urna e ti fissano con gli occhi di brace che dicono “bastardo, lo so che di quella scheda ti farai un aereo o un cappello da muratore”.
    Hai tutta la mia comprensione, se ti può servire. Di più, non posso.

    PS: Dato che il forzitaliota parte già prevenuto nei tuoi confronti, tanto vale confortare il suo pregiudizio, no? Insomma, come dice Luca, fallo fesso di nuovo!

    24/06/2004

    Fa buio presto, la sera

    Filed under: — JE6 @ 21:51

    Nel caso non ve ne foste accorti, ecco.

    Il Leo

    Filed under: — JE6 @ 11:28

    Ai tavoli, e qui al bar in generale, lo si vede poco, il Leo.
    Per fortuna. Perchè il Leo è l’emblema della periferia delle grandi città europee, il simbolo dei brutti sporchi e cattivi che permettono di scrivere venti righe in cronaca e danno un brivido di paura, uno di ribrezzo ed uno di eccitazione alle troiette dei collegi del centro.
    Non è Jessica Rabbit, il Leo: non lo dipingono così. Lui è così. Ignorante e violento, e probabilmente un po’ stupido. Abita a poche scale di distanza da casa mia, lo conosco di vista fin da quando ero piccolo. Mi ha sempre fatto paura. Paura, mica altro. Paura da sentirsi il cuore accelerare, paura da cercare di cambiare strada senza dare l’impressione di farlo: certo, perchè è capace di prenderlo come un affronto, di venire a prenderti e di riempirti di botte fino allo sfinimento, lui, il suo bomber, i suoi jeans stretti e scoloriti, i suoi anfibi.
    Ne ha mandati tanti all’ospedale, il Leo. Per ogni costola rotta, una impotente lacrima di sua madre, per ogni coltellata una nuova ciocca di capelli bianchi di sua sorella.
    Fa paura a tutti, uno così, anche ai ganassa che passano la loro vita con una stecca in una mano e il pacco nell’altra. E quelle poche volte che arriva, il bar si zittisce, come capita quando passa il Parroco. Ma tutti sanno che l’uomo nero è buono e innocuo, mentre questa specie di naziskin che il nazismo non sa proprio cosa sia è cattivo e stupido, tutti sanno che se ti fa una domanda con la sua solita aria da tispaccoilculo qualunque risposta potrebbe essere sbagliata, tutti sanno che se ne sbatte i coglioni della polizia e due mesi dentro chissenefrega. Tutti sognano di rompergli la stecca su quella cazzo di testa pelata che si ritrova, di vederlo a terra, sanguinante e con i denti sparsi sul pavimento, a implorare basta.
    Succederà, prima o poi. Qualcuno gli ficcherà una lama in mezzo alle costole, qualcuno gli darà una sprangata davanti allo stadio, qualcuno gli tirerà due colpi di setteesessantacinque. E noi, senza dirlo ma senza vergognarci, ne saremo contenti.

    22/06/2004

    A volte servirebbe un ombrello

    Filed under: — JE6 @ 16:14

    Inconvenienti del mestiere: (…) well, the guy at the end of the scene came up to me and said, “Dude, I’m really sorry, the scene turned out kinda weak and I need you to do a favor for me.” So I said, “Yeah, sure, whatever man.” And he said, “Ahhh, yeah. Can she pee on you?” And I said, “No, she can’t pee on me!” So he’s like, “Hey, come on, dude, gimme this solid. I’ll owe you one.” And I was like, “Okay, where is this gonna be? Like, nothing from the chest up.” And he said, “Yeah, she’s just gonna pee on your cock.” Which I could sorta deal with. Not to the point of arousal, but I was trying to be professional. The conclusion being that she peed on my cock, unfortunately had 17.5 gallons of water in her, and it was done on a tile floor so she and I were swimming in a lake of urine.
    Daily Grind

    Non ci sono più i brogli di una volta

    Filed under: — JE6 @ 16:03

    Mirco Pirini, sul blog di Claudio Sabelli Fioretti: Che professionisti del broglio comunista sono, quelli che tolgono voti a Forza Italia e li danno agli altri partiti della maggioranza stessa?