In Riva
Se ci investite un po’ di tempo, di parole e immagini sulla BlogFest ne troverete a bizzeffe: leggerete dei camp e della pioggia e del DJ set, di fashion e di adv e di media e insomma di tutto quel che c’è stato. Io, per parte mia, non vi voglio raccontare nulla: se non che ho notato che oltre alle cateratte del cielo si sono aperte quelle delle persone [1], e sono stati due giorni di colleghi che parlavano fitto perché non si erano mai incontrati prima, di cene lunghe ma che avevano bisogno di andare avanti ancora perché c’era da raccontare di quel marito o di quella fidanzata, di viaggi non abbastanza lunghi per ciò che c’era da dire o anche solo per il silenzio nel quale stare insieme. Dovessi dire “per me, a cosa serve un blog”, forse alla fine mi limiterei a questo, e mi parrebbe già molto.
[1] E la verità è che è quasi terrificante quanto si cova dentro, e quanto bene lo si nasconde, e vedere quanto si è capaci di ostentare olimpica indifferenza quando qualcuno intorno al tavolo, inconsapevolmente, tira fuori un argomento che è definibile solo come uno stiletto rovente infilato tra le costole. Ma poi, le cataratte si aprono. Non le si può tenere chiuse per sempre.