Greetings from Bratislava 2012 – Hlavna Stanica
Vado alla stazione ferroviaria per comprare il biglietto per Praga, otto ore andata e ritorno tra domani e dopo per quaranta euro prenotazione inclusa. Mentre sto per uscire mi arriva una telefonata dall’ufficio, resto qualche minuto a parlare, sì ci sto lavorando, appena ho qualcosa ti faccio sapere. Quando chiudo la comunicazione un ragazzo che sta seduto sopra una valigia rigida verde acido mi dice allora, ti piace Bratislava – scusa, ti ho sentito parlare al telefono, ho capito che sei italiano, io vengo da Catania, è la prima volta che vieni qui? Non ho particolare fretta, mi fermo a fare due chiacchiere, no, sono venuto anni fa, sì mi piace molto e poi le solite cose tra italiani che si incontrano all’estero, dove vai da dove vieni sei qui per lavoro. Mi racconta che è un insegnante, ha trentotto anni e sta facendo l’InterRail, io sospiro, l’ho fatto anch’io cent’anni fa gli dico, mi parla un po’ del suo giro, Berlino, Praga, tra poco va a Budapest ma sul tabellone delle partenze non è ancora segnato il binario. Ci salutiamo, allora buon viaggio gli dico, grazie piacere di averti conosciuto risponde lui, poi lui si dirige verso il sottopasso che porta a tutti i binari successivi al primo. Io faccio due passi lungo la banchina, guardo due operai che lavorano, il grande cartello con la scritta bianca su fondo blu che dice che siamo a Bratislava Hlavna Stanica, una locomotiva su un binario morto, la targa che ricorda i centocinquant’anni delle ferrovie slovacche. Poi guardo i quattro tabelloni delle partenze, uno per ogni direttrice principale che esce dalla città, ci sono nomi locali, Kosice, Rusovce, e poi Praga, e Vienna, e Berlino, Belgrado, Budapest, mi torna in mente quella notte nella stazione di Copenhagen, cent’anni fa, quando io e Paolo ci guardammo in faccia alle cinque del mattino – dormi? ma figurati, allora che facciamo, il primo treno, va bene, e salimmo su un treno alla cieca, il primo che lasciava la stazione, e meno di un’ora dopo stavamo guardando il castello di Helsingor, e meno di due ore dopo eravamo in Svezia, e no, non mi lamento, viaggio tanto e mi pagano per farlo, però una stilla di invidia per l’uomo di Catania che adesso è sulla strada per Budapest e sente il suono ritmico delle traversine sotto i suoi piedi, una stilla sì.